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Il senatore Marshall Yarrow stava scaricando la sacca da golf dal bagagliaio del suo Lincoln Navigator quando vide me e Sampson che gli andavamo incontro nel parcheggio del Washington Golf and Country Club. Dalla faccia che fece era chiaro che gli avevo appena rovinato il sabato mattina. Oh, che peccato! Sapessi quanto mi dispiace...
«Cosa diavolo ci fa qui?» mi apostrofò quando ci avvicinammo al SUV.
«Ho preso tre appuntamenti con lei e lei me li ha disdetti tutti e tre» gli ricordai. «Sarò paranoico, ma ho la netta sensazione che stia cercando di evitarmi. Ora basta.»
«E questo chi è?» Squadrò John. Non proprio dall’alto in basso, per via della statura.
«È l’ispettore Sampson, mio collega. Faccia pure come se non ci fosse. Tanto non si nota, no? Né io né lui. Potremmo essere i suoi caddy.»
Yarrow sbuffò, poi salutò con la mano un uomo che lo aspettava sotto il portico davanti al club. «Mike, ci vediamo dentro. Ordinami un espresso, per piacere.»
Mi resi conto a posteriori che si trattava di Michael Hart, senatore democratico del North Carolina. Yarrow era repubblicano.
«Preferisce parlare sulla mia macchina?» gli chiesi. «O magari sulla sua?»
«Le sembra che io voglia salire in macchina con lei, ispettore Cross?» Rimasi sorpreso che si ricordasse come mi chiamavo.
Indietreggiò e rimase nascosto tra il suo SUV e l’automezzo gigantesco parcheggiato accanto, un Hummer H3T nuovo di zecca. Considerando che la quota di iscrizione al club doveva costare sui centomila dollari, era abbastanza logico che nessuno da quelle parti si preoccupasse dei consumi di carburante.
«Non le prenderò molto tempo, senatore» dissi, «ma ho pensato che fosse meglio avvertirla che non abbiamo più tante possibilità: dovremo ben presto cominciare a far circolare i filmati registrati nel club di Tony Nicholson.»
Yarrow lanciò un’occhiata fulminea a Sampson, probabilmente chiedendosi se lo avevamo visto in azione tutti e due, o soltanto io. Strinse la presa sul cappuccio di pelle del driver TaylorMade che spuntava dalla sacca.
«Quindi, a meno che lei non abbia qualcosa di interessante da dirci...»
«Perché dovrei?» rispose, ancora calmo.
«Così, una sensazione di pancia che ho avuto. Forse dovuta al fatto che ha disdetto tutti i nostri appuntamenti.»
Yarrow prese fiato e si passò una mano sul mento non rasato. «Be’, è chiaro che ne devo parlare con il mio avvocato.»
«Ottima idea» replicai. «Ma, per sua informazione, noi oggi lavoriamo, anche se è sabato. E dobbiamo concludere un paio di cose entro stasera.»
Era talmente a disagio che quasi provai pena per lui. Non gli restavano alternative e lo sapeva. In genere, in quelle situazioni la gente tende a parlare, e a dire la verità.
«Così, tanto per sapere: che cosa potreste offrirmi, se collaborassi?» chiese.
«Noi, nulla. Tocca al procuratore generale decidere, eventualmente.»
«Già, perché voi non siete abituati a patteggiare, eh?»
«Quello che posso offrirle è presto detto: lei ci riferisce tutto quello che sa e, quando il Secret Service arriverà da lei, eviterà un’accusa di complicità in omicidio e intralcio alla giustizia.»
Riuscivo a stento a immaginare quanto mi dovesse odiare Yarrow in quel momento. Continuando a guardare negli occhi me, chiese a John: «Mi dica, ispettore Sampson: il suo collega è un uomo vendicativo?»
Sampson posò una mano sul tetto dell’auto del senatore. «Vendicativo? No, direi di no. Lo definirei piuttosto realistico. E consiglierei anche a lei di esserlo, data la situazione.»
Lì per lì pensai che Yarrow ci voltasse le spalle e se ne andasse, o che desse di matto e cominciasse a sferrare colpi con una delle sue mazze TaylorMade. Invece si infilò le mani in tasca e aprì le portiere del Lincoln Navigator.
«Salite in macchina.»