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Tony Nicholson si protese in avanti dal sedile posteriore, per quanto gli permettessero le manette. Vide che le luci al primo piano erano accese.
«È inutile» disse. «Lei non sa niente. Ve lo giuro.»
L’uomo che gli aveva spaccato il ginocchio aprì la portiera dalla parte del passeggero. «Chi lo sa?» disse. «Magari parli nel sonno, amico.»
Scese e si avvicinò al portone, che aprì con le chiavi di Nicholson.
Questi stava pensando che forse non erano perse tutte le speranze, né per sé né per Mara. Immaginò il suo bel viso dentro un sacchetto di plastica.
L’uomo alla guida era alto e biondo come lui, con gli occhi chiari e la fronte squadrata. Sembrava più intelligente del sudamericano. Forse era anche più ragionevole.
«Senti» sussurrò Nicholson. «Ho capito che cosa state cercando. Posso anche aiutarvi a trovarlo, ma in cambio vorrei una strategia di uscita.»
L’uomo rimase fermo a guardare fuori del parabrezza, come se non lo avesse nemmeno sentito.
«Voglio dire che sono disponibile a trovare un accordo.»
Niente.
«Per il disco. Quello di Zeus. Mi senti? Ti posso dire dov’è.»
«Sì» replicò il biondo. «Lo so. Ce lo dirai.»
«Non vuoi che troviamo un accordo? Qui? Adesso? Perché no?»
L’uomo tamburellò con le dita sul volante. «Perché intanto ti ammazziamo comunque. Te e la tua ragazza.»
Nicholson si sentì mancare. Di colpo, non gli importava più niente di niente. Scoppiò in una risata disperata.
«Gesù, non voglio insegnarti il tuo lavoro, ma perché dovrei...»
Il biondo si voltò di scatto, abbassò una mano e gli strinse il ginocchio rotto.
Il dolore fu istantaneo, lancinante. Nicholson aprì la bocca, con la gola chiusa dal terrore. Non riusciva a respirare, e meno che mai a gridare. In quel silenzio assurdo, la voce del suo carnefice fu chiarissima.
«Perché arriverà un momento in cui smetterai di voler vivere e comincerai a desiderare la morte. Mi capisci? Se non ci avrai ancora detto quello che vogliamo sapere, sta’ tranquillo che a quel punto ce lo dirai.»