89

L’indomani mattina fui convocato di nuovo da Ramon Davies. Quando arrivai, trovai ad aspettarmi davanti alla porta dell’ufficio un suo impiegato.

«Che cosa vuole Davies da me?» gli domandai. Non riuscivo a pensare a un solo motivo positivo per quella convocazione. Mi venivano in mente solo i più sinistri, tipo il ritrovamento di nuove vittime.

«Non lo so, ispettore. Vuole vederla. Non mi ha detto altro.»

Ho sentito dire che Woody Allen, quando gli attori recitano bene, non dà nessuna indicazione: interviene soltanto quando c’è un problema. Anche Davies è un po’ così. Detestavo quando mi mandava a chiamare.

Entrando, non lo trovai solo. Ad aspettarmi insieme con lui c’era uno che avevo visto alla Casa Bianca, di cui non mi ricordavo il nome. Davies fece le presentazioni.

«Alex, le presento Dan Cormorant, agente speciale del Secret Service. Vorrebbe parlarle.»

Era l’agente che aveva scortato il presidente Vance nell’ufficio del capo di Gabinetto durante la mia visita alla Casa Bianca. Immaginai che anche questa volta fosse lì per ordine del suo capo.

«Ci conosciamo. O, comunque, ci siamo già visti» dissi stringendogli la mano. «Immagino che lei non abbia nulla a che fare con i due detective privati che ho sorpreso davanti a casa mia ieri sera.»

«Non so di cosa parla» replicò.

«Chi l’avrebbe mai detto...»

«Alex.» Ramon Davies mi interruppe e mi fece segno di andarci piano. «Parliamo di cose serie.»

Cormorant e io ci sedemmo davanti alla sua scrivania.

«Non voglio soffermarmi su come siamo arrivati a questo punto» esordì Davies. Il significato sottinteso era chiaro: ne avremmo parlato in seguito io e lui a quattr’occhi. «Adesso vi spiego come procederemo. Alex, lei si metterà a disposizione dell’agente Cormorant e gli fornirà tutto il materiale relativo alle indagini in corso. Non appena mi informerà dell’avvenuto passaggio di consegne, le assegnerò un nuovo incarico. C’è un quadruplice omicidio a Cleveland Park che mi sembra perfetto per lei. Un caso importante, di alto profilo.»

Mentre lui parlava, io pensavo ad altro. Avevo l’impressione che Ramon Davies si vergognasse del fatto che il Secret Service ci aveva scavalcato, probabilmente d’accordo con il capo della polizia. Non mi aveva mai parlato in quel modo, ma decisi di mordermi la lingua finché non fossi riuscito a capire che cosa voleva Cormorant.

Il colloquio si concluse ben presto. Cormorant e io uscimmo dall’ufficio insieme.

Mentre tornavamo nella mia stanza, gli chiesi: «Da quanto tempo è nel servizio di sicurezza della Casa Bianca? È un compito delicatissimo».

«Lavoro nel Secret Service da otto anni» replicò, senza rispondere veramente alla mia domanda. «Prima ero al dipartimento di polizia di Philadelphia e, per quel che vale, le dirò che so quanto fastidio le dà la mia presenza.»

Decisi di non approfondire e chiesi invece: «A che punto siete con Tony Nicholson? Dove si trova? Se posso chiedere, naturalmente...»

Sorrise. «Fin dove è arrivato?»

«So che alle undici di ieri mattina era ad Alexandria e adesso è irreperibile. O, perlomeno, il dipartimento di polizia non sa dove sia.»

«Allora abbiamo le stesse informazioni» disse Cormorant. «Il motivo per cui sono qui è anche questo. È una faccenda molto misteriosa, ispettore Cross. E pericolosa.»

Mi parve più alla mano di tanti altri uomini del Secret Service che conoscevo, ma è tutto relativo. E, comunque, mi restava un dubbio: Cormorant era lì per indagare, o per insabbiare il caso?

Quando fummo nel mio ufficio, tirai fuori l’ultimo DVD avuto da Nicholson e glielo porsi. «La maggior parte delle prove è in mano all’FBI, ma questo è nuovo.»

Cormorant se lo rigirò fra le mani. «Che cos’è?»

«Il nome Zeus le dice qualcosa? Scommetto di sì.»

Mi guardò senza rispondere.

«Cormorant, vuole che la aiuti o no? Mi piacerebbe molto poterle dare una mano.»

«Sì, ho sentito nominare Zeus» ammise.

«Presumibilmente è l’uomo nel video.»

«Presumibilmente?»

«È il video di un omicidio. L’assassino è un uomo bianco con un anello caratteristico alla mano destra. Non intendo trarre conclusioni precipitose. Non conviene. Neanche a lei.»

Dovrei imparare a stare zitto, certe volte. Cormorant si irrigidì immediatamente.

«Che cos’altro sa?» domandò. «Deve raccontarmi tutto, ispettore.»

«Mi occorre un po’ di tempo per mettere insieme i miei appunti. Ma posso consegnarle tutto entro domani» risposi.

«Copie? Quanti ce ne sono in giro?» disse sollevando il DVD.

«Questo è l’unico, che mi risulti. Viene dalla cassetta di sicurezza di Nicholson. L’ha usato per contrattare, ovviamente. Certo, se riuscissimo a scoprire dove si trova adesso...»

«Okay, allora» tagliò corto Cormorant, stringendomi la mano. «Ci sentiamo presto.»

Quando se ne fu andato, ripensai alla conversazione che avevamo avuto e trascrissi tutto quello che riuscivo a ricordare. Quante bugie mi aveva raccontato Cormorant? E, a parte quella sul numero di copie del DVD di Nicholson, quante ancora avrei dovuto raccontargliene io?

Il segno del male
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