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Ned rischiava di perdere ben più del posto di lavoro, passandomi le informazioni riservate che dovevano trovarsi nella chiavetta. Poteva finire in galera, per una cosa del genere. E io anche. Mi sentii perciò in dovere di utilizzare al meglio quel materiale. Seguendo il suo consiglio, cominciai dalla prima voce dell’elenco: il nome del maggior «benefattore» di Tony Nicholson.
Se un mese prima qualcuno mi avesse detto che il senatore della Virginia Marshall Yarrow era coinvolto in uno scandalo del genere, sarei rimasto scettico. Un politico nella sua posizione aveva troppo da perdere. E non mi riferisco solo al denaro, che pure non gli mancava.
Yarrow era diventato miliardario alla soglia dei cinquant’anni cavalcando l’onda delle dot-com negli anni Novanta e uscendone al momento giusto. Aveva messo parte della sua fortuna in una fondazione stile Bill Gates, diretta dalla moglie e specializzata nella tutela della salute infantile negli Stati Uniti, in Africa e nell’Estremo Oriente. Poi aveva reinvestito i consensi così ottenuti, e molto altro denaro, in una candidatura al Senato che nessuno aveva preso sul serio finché Yarrow non era stato eletto. Adesso era al secondo mandato e a Washington sapevano tutti che aveva già istituito un comitato esplorativo con l’intenzione di candidarsi alle prossime presidenziali.
Quindi sì, Yarrow aveva molto da perdere, ma non sarebbe stato né il primo né l’ultimo uomo politico a giocarsi tutto per smania di potere, no?
Feci un giro di telefonate e venni a sapere che quel giorno aveva un pranzo di lavoro nel suo ufficio, seguito da una riunione con la Tennessee Valley Authority alle tredici e trenta, anche questa nel Russell Building. Questo significava che poco prima dell’una e mezzo lo avrei sicuramente trovato nell’ala sud-ovest. E fu lì e a quell’ora che lo intercettai.
Alle tredici e venticinque Yarrow uscì dall’ascensore con un codazzo di assistenti in giacca e cravatta che parlavano tutti contemporaneamente. Anche Yarrow parlava, al telefono.
Mi piazzai sulla sua traiettoria con il distintivo bene in vista. «Mi scusi, senatore. Avrei bisogno di rubarle un minuto.»
L’unica donna nel gruppo di assistenti, una bella bionda che non doveva avere ancora trent’anni, si intromise. «Desidera, agente?»
«Ispettore» puntualizzai, senza togliere gli occhi di dosso a Yarrow che si era degnato di coprire con una mano lo smartphone. «Ho un paio di domande da fare al senatore Yarrow. Sto indagando su una grossa truffa con carte di credito in Virginia. È possibile che qualcuno abbia usato una delle sue carte di credito... in un certo club, nella contea di Culpeper. Le risulta?»
Yarrow fu splendido. Non batté ciglio nel sentir nominare il Blacksmith Farms.
«Basta che ci sbrighiamo...» disse, con la giusta dose di riluttanza. «Grace, dica al senatore Morehouse di non cominciare senza di me. Voi andate pure avanti: con l’ispettore parlo io. Vi raggiungo subito. Va tutto bene, Grace.»
Pochi secondi dopo, il senatore e io eravamo soli, per quanto lo si possa essere in un posto come quello. Per quel che ne sapevo, la cupola a cassettoni sopra la nostra testa fungeva da cassa armonica e portava le nostre voci fin negli angoli più reconditi del Russell Building.
«Allora, di quale carta di credito stiamo parlando?» mi chiese Yarrow, con faccia perfettamente impassibile.
A voce bassa, risposi: «Senatore, vorrei parlarle dei bonifici da mezzo milione di dollari che ha fatto su un certo conto estero negli ultimi sei mesi. Preferisce rispondermi altrove?»
«Sa una cosa?» ribatté in tono vivace, come se stesse rispondendo alle domande di Matt Lauer al Today Show. «Mi sono appena reso conto di aver dimenticato un documento che mi serve per questa riunione, e i miei assistenti sono già andati via. Le spiace accompagnarmi?»