39

Chi cazzo era? Uno dei Soprano? Un po’ lo sembrava, pensò Nicholson.

Erano due: il secondo apparve alla luce dei fari, con l’aria da gangster, e anche lui gli puntò contro una pistola.

Il ciccione aprì la portiera e poi fece un passo indietro. Teneva la bocca socchiusa e aveva la polo da quattro soldi infilata nei calzoni, che gli aderiva a un pancione gigantesco. Sembrava inconcepibile che uno così sciatto lavorasse per Zeus. E la domanda si pose automaticamente.

«Chi cazzo siete?» chiese Nicholson. «Che cosa volete da me?»

«Lavoriamo per Mister Martino» rispose quello, con accento newyorchese, o forse di Boston. In ogni caso, East Coast.

Nicholson scese lentamente dalla macchina, tenendo le mani in vista. «Okay. E chi sarebbe Mister Martino?» domandò.

«Basta domande stupide.» Il grassone fece cenno a Nicholson di andare verso la casa. «Entriamo. Ti seguiamo, amico.»

Nicholson rifletté che, se fossero andati lì per ammazzarlo, a quell’ora lo avrebbero già fatto. Questo significava che volevano qualcos’altro. Cosa?

Non erano ancora entrati che Charlotte gridò dal piano di sopra, con la sua vocina irritante: «Amore? Con chi sei? Non è un po’ tardi per ricevere ospiti?»

«Non ti preoccupare. Torna a letto, Charlotte.»

Aveva voglia di strozzarla, solo perché era dove non avrebbe dovuto essere.

Le sue gambe nude apparvero in cima alla scala. «Che succede?» chiese.

«Mi hai sentito? Tornatene a letto.» Charlotte capì dal tono che non era il caso di insistere e sparì nel buio. «Resta in camera» aggiunse lui. «Ti raggiungo fra poco. Dormi.»

Fece accomodare gli ospiti inattesi nella sala sul retro della casa, per avere più privacy. E poi lì c’era il mobile bar. Nicholson vi si diresse subito.

«Non so voi, ma io mi farei un goccetto» cominciò. Sentì un colpo secco alla nuca e gli cedettero le gambe.

«Cosa credi? Che siamo qui in visita?» gridò il ciccione.

Nicholson era abbastanza arrabbiato da poter attaccare briga, ma pensò che fosse meglio soprassedere. Si tirò su e si sedette sul divano. Per fortuna, gli si stava già snebbiando la vista.

«Cosa volete, alle quattro del mattino?»

Il ciccione si chinò verso di lui. «Cerchiamo uno dei nostri. È venuto qui una decina di giorni fa e da allora non l’abbiamo più sentito.»

Nicholson aveva una gran voglia di prenderlo a pugni, ma non era proprio il caso. Un domani, magari, ma quella sera no.

«Ho bisogno che si spieghi meglio. Di chi parla? Mi dia qualche informazione in più.»

«Johnny Tucci» rispose il ciccione.

«Mai sentito nominare. Tucci? È venuto da me? Nel mio club? Chi è?»

«Non ci prendere per il culo» si intromise il piccoletto, che puzzava di fumo e di sudore. «Sappiamo tutto della tua casetta nel bosco. Okay?»

Nicholson si mise a sedere più composto. Forse quella faccenda aveva più a che fare con Zeus di quanto avesse immaginato lì per lì. O era legata piuttosto all’altro suo business?

«Già» continuò il piccoletto. «Pensavi mica che Mister Martino mandasse qua i suoi picciotti per fare le vacanze?»

«Sentite, non so di cosa stiate parlando» disse. Non era del tutto falso.

Il ciccione si sedette sul tavolino basso davanti al divano e abbassò la pistola. Avrebbe anche potuto essere un’apertura, se il piccoletto non fosse stato lì a un passo.

«Adesso ti spiego tutto per filo e per segno» disse il ciccione, in tono quasi conciliatorio. «È sparito uno dei nostri uomini e, siccome il signore che aveva preso accordi con il boss non è facile da rintracciare, siamo venuti da te. Questo significa che il nostro problema adesso è anche un tuo problema. Mi hai capito?»

Nicholson temeva di aver capito fin troppo bene. «Che cosa mi state chiedendo di fare? Cosa posso fare per risolvere il... nostro problema?»

Il gangster si strinse nelle spalle e si grattò il mento mal rasato con la canna della pistola. «A noi basta portare qualcuno a Mister Martino, alla fin fine. Quindi tu chiedi un po’ in giro e vedi cosa riesci a trovare. Alla peggio ci portiamo te, da Mister Martino.»

«O la signora su, di sopra» fece l’altro.

«Ve la cedo volentieri» disse Nicholson. «Così siamo pari.»

Il ciccione sorrise e si alzò in piedi. Per quella sera avevano finito.

«Ci facciamo quel goccetto, prima di andare?» disse a Nicholson. «Tu stai lì bravo.»

Andò al mobile bar, dove il suo compare stava già prendendo tutte le bottiglie che riusciva a reggere con due mani.

Appena se ne furono andati e Nicholson si fu ingollato un drink e messo il ghiaccio sulla testa, si rese conto che gli avevano portato via il Johnnie Walker lasciandogli il Dalmore 62, che costava quattrocento dollari. Brutto segno: se quei due sfigati ce l’avevano con lui, voleva dire che la situazione stava degenerando molto rapidamente.

Chi cazzo era Johnny Tucci?

Il segno del male
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