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Scosso e stanchissimo, arrivai a casa verso le quattro e mezzo del mattino sperando che fosse l’ultima volta che rientravo così tardi, almeno per un po’. Se Bree non era già sveglia, avevo intenzione di svegliarla io per raccontarle che cosa era successo.

Bree, però, non c’era. La cercai invano per tutta la casa.

Capii come mai quando vidi il portalavoro di zia Tia posato per terra vicino al tavolo della cucina. Tia era venuta a dormire con i ragazzi mentre santa Bree mi sostituiva al capezzale di Nana in ospedale. Era logico. Nemmeno lei, come me, voleva lasciare sola Nana.

Stavo per risalire in macchina e raggiungerla, ma poi pensai che era meglio darle il cambio al mattino in modo che Tia potesse tornare un po’ a casa sua. Conveniva risparmiare le energie.

Così andai di sopra e mi stesi sul letto, sveglissimo e ancora agitato dagli eventi non solo di quella notte, ma delle ultime settimane. La portata di quella vicenda era enorme e sicuramente se ne sarebbero sentite le conseguenze per mesi, se non addirittura per anni. Ancora non sapevamo quante altre ragazze avessero fatto la fine di Caroline, e forse non lo avremmo scoperto mai. Non sapevamo neppure chi aveva coperto Zeus, e fino a che punto. Theodore Vance era un imprenditore di successo, molto ricco, che poteva permettersi di fare tutto quello che voleva e di realizzare tutte le sue fantasie. A quanto pareva, lo aveva fatto davvero.

Mi ripromisi di chiamare mia cognata Michelle, ma prima dovevo decidere che cosa raccontarle. Avrei dovuto omettere certe cose della storia di sua figlia. Ci sono particolari che non devono trovare posto nella memoria di una madre. A volte mi chiedo che posto abbiano nella mia.

Ero rincasato da mezz’ora al massimo quando suonò il telefono nell’ingresso.

Mi precipitai a rispondere prima che squillasse per la terza volta. Considerando tutto quello che era successo nelle ultime ventiquattr’ore, erano varie le persone che potevano volermi parlare.

«Alex Cross» risposi a voce bassissima.

E in quel momento la mia vita cambiò.

«Alex, sono Zadie Mitchell, chiamo dall’ospedale. Tra quanto può essere qui?»

Il segno del male
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