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Dai buchi nel cappuccio Zeus osservò le due ragazze e pensò che erano molto belle. Anzi, spettacolari. Una era alta, con lunghi capelli scuri e pelle simile all’alabastro. L’altra era più minuta, bruna, forse di origine sudamericana.
Erano sicuramente state avvertite del fatto che il loro cliente avrebbe indossato una maschera. Non dovevano fare domande, chiedere nulla di natura personale. Meno male, pensò. Era di ottimo umore.
«Credo che ci divertiremo» disse. Per ora, era meglio non aggiungere altro. In fondo, non sapeva neanche lui come sarebbe andata a finire la serata. Sapeva solo che dipendeva tutto da lui. Aveva il pieno controllo della situazione. Era Zeus, no?
Le ragazze intuirono che era il momento di presentarsi. Si chiamavano Katherine e Renata. «Vuoi darmi l’impermeabile?» chiese Katherine, riuscendo a essere seduttiva anche nel fare una domanda così banale. «Vuoi qualcosa da bere? Cosa? Abbiamo tutto.»
«No, grazie, per ora sto bene così.» Era educato ma riservato. Anche troppo. Tanto per cominciare, non toccava mai niente fuori della camera da letto. I suoi lo sapevano e si comportavano di conseguenza.
«Entriamo» disse. «Siete le più belle, fra tutte quelle che ho visto qui, devo dire. Non so decidere chi di voi due sia più carina.»
Tutto nella camera da letto era stato predisposto a dovere. Le tende erano tirate, sul comò c’erano una bottiglia di vodka Grey Goose e una scatola di guanti di lattice appena aperta, e in giro non c’era nient’altro: nessun tappeto, nessun accessorio, nessun lenzuolo, a parte un telo di gomma sul materasso.
«Interessante» disse Katherine, sedendosi sul letto e passando una mano sul telo. «Arredi Rubbermaid?»
Zeus non fece commenti.
Chiese alle ragazze di spogliarsi e quindi si tolse i vestiti – ma non la maschera – li piegò e li posò sul comò, in maniera da potersene andare in ordine come era arrivato.
Alla fine, aprì la valigetta.
«Vorrei legarvi» disse. «Niente di troppo pauroso. Vi hanno avvisato, vero? Bene. Siete mai state ammanettate, prima?»
La più timida, Renata, fece di no con la testa. L’altra, Katherine, rispose con sguardo malandrino: «Una volta o due. Eppure, sai, non ho ancora imparato a fare la brava».
«Non fare così, Katherine» le disse Zeus. Lei lo guardò come se non avesse capito. «Non fingere, con me. Per favore, sii te stessa. Me ne accorgo, sai?»
Prima che succedessero altri inconvenienti, gettò sul letto le manette. «Mettitele, per favore. E anche tu: una per uno.»
Mentre le ragazze eseguivano il suo ordine, Zeus si mise un paio di guanti e prese il resto delle attrezzature che gli servivano: altre due manette, un rotolo di corda da ferramenta, nuovo, e due ball gag di gomma con la cinghia di pelle nera.
«Sdraiatevi, adesso» disse. Si avvicinò a Renata e le lesse negli occhi che cominciava ad aver paura. Interessante.
«Dammi la mano libera» disse. E gliela ammanettò al montante del letto. «Grazie, Renata. Sei molto dolce. Mi piacciono le donne sottomesse: è il mio vizio.»
Si avvicinò a Katherine, che inarcò lievemente la schiena e sgranò gli occhi, più vacui che impauriti.
«Non farci del male, per favore. Facciamo tutto quello che vuoi, te lo prometto» disse.
Lo stava già facendo arrabbiare. Sembrava una mogliettina rompiscatole che espletava i suoi doveri coniugali. Le mise le manette, legando anche lei al montante del letto. Poi la imbavagliò, prima che potesse dire qualcos’altro e rovinargli la serata.
«Lo so, stai di nuovo recitando. Non sei molto brava» le disse. «Mi stai facendo arrabbiare. Scusa. Non mi piace, quando mi arrabbio. E non piacerà neanche a te, te l’assicuro.»
Le strinse il bavaglio dietro la testa, con tutte le sue forze. Era un uomo molto forte. La ragazza cercò di dire qualcosa, ma la pallina di gomma glielo impedì e le uscì soltanto un suono soffocato. Le aveva fatto male. Bene. Se lo meritava.
Fece un passo indietro e vide che l’espressione di Katherine era completamente cambiata. Ora aveva paura di lui. Non stava facendo finta.
«Molto meglio» disse. «Adesso vediamo se mi viene in mente qualcosa che possa migliorare le vostre prestazioni. Ah, ecco. Cosa ne dite di queste?»
Prese dalla valigetta nera una Taser e un paio di pinze.
«Brava, Katherine. Stai migliorando molto. Te lo leggo negli occhi.»