63

Il carcere di Alexandria è un vecchio palazzone di mattoni in fondo a Mill Road.

È lì che è stato rinchiuso il terrorista Zacarias Moussaoui prima di essere condannato e trasferito nel penitenziario di massima sicurezza di Florence, nel Colorado, che guarda caso è anche l’ultimo indirizzo conosciuto di Kyle Craig, il pericoloso serial killer con il quale ho un conto aperto che intendo chiudere prima o poi. È incredibile quanto sembri piccolo e autoreferenziale il mondo della criminalità quando si arriva a conoscerlo un po’, come è successo a me. Il solo pensiero di Kyle Craig mi metteva in agitazione.

Nicholson e la signorina Kelly erano rispettivamente al primo e al secondo piano, in due sale per interrogatori separate, il che significava che dovevamo fare la spola tra l’una e l’altra.

Inizialmente si rifiutarono di parlare, se non per dire che erano stati aggrediti e sequestrati. Glielo lasciai ripetere per parecchie ore e feci capire indirettamente a Mara Kelly che il suo fidanzato non mollava. Volevo consolidare la sua fiducia in Nicholson, per poi smontarla.

A un certo punto, le mostrai una fotocopia.

«Che cos’è?» mi chiese.

«Legga.»

Si sporse in avanti, mettendosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio con la mano curatissima. Anche lì, Mara Kelly ostentava grande raffinatezza; mi pareva più costruita che reale, però. Si spacciava per commercialista, ma non si era mai laureata.

«Biglietti aerei?» disse. «Non capisco. Che biglietti sono?»

Sampson incombeva su di lei. È alto più di due metri e fa piuttosto paura quando vuole, cosa che succede abbastanza spesso.

«Per il volo Montréal-Zurigo di ieri sera. Ha letto i nomi?»

Glieli indicò con un dito. «Anthony e Charlotte Nicholson. Il suo fidanzato stava per piantarla in asso, Mara. Stava per partire con la moglie.»

La ragazza spinse via il foglio. «Sì, certo. Basta avere un computer e una stampante a colori.»

Tirai fuori il cellulare e glielo porsi. «Qui c’è il numero della Swiss. Vuole telefonare e confermare la prenotazione, signora Nicholson?»

Visto che non rispondeva, decisi di lasciarla cuocere nel suo brodo per qualche minuto. Per la verità aveva ragione lei: i biglietti erano falsi. Quando tornammo, era pronta. Si vedeva che aveva pianto, anche se aveva cercato di asciugarsi gli occhi e cancellare le tracce.

«Che cosa volete sapere?» disse. Poi strinse gli occhi. «Che cosa mi offrite in cambio?»

Sampson la fissò a lungo. «Faremo il possibile per aiutarla.»

Annuii. «Parliamoci chiaro, Mara: aiuteremo il primo che ci dà una mano.»

Accesi il registratore e lo posai sul tavolo. «Chi erano gli uomini sulla Pontiac? Cominciamo da questo.»

«Non ne ho idea» disse. «Non li avevo mai visti prima.» Le credetti.

«Che cosa volevano? Che cosa hanno detto?»

La vidi esitare. Avevo la sensazione che fosse pronta ad abbandonare Nicholson al suo destino, ma forse non subito. «Io gliel’avevo detto, che poteva succedere una cosa del genere.»

«Una cosa di che genere, Mara?» domandò Sampson. «Sia un po’ più precisa.»

«Ricattava i clienti del club. Per ricavarci i soldi che ci sarebbero serviti a ’rifarci una vita’. Diceva sempre così. Altro che nuova vita!» Indicò con un gesto tutto intorno a sé. «Sarebbe questa la nostra nuova vita?»

«Nomi, Mara, ci servono dei nomi. Nomi di vittime, nomi falsi, tutti quelli che ha sentito. Chi ricattava Nicholson?»

Mara Kelly cominciò a collaborare e a parlare in tono sempre più amaro e sarcastico. «So che era molto prudente: faceva in modo che, se qualcuno avesse parlato, ci avrebbero rimesso tutti. Se gli fosse successo qualcosa, io avrei dovuto far scoppiare uno scandalo.» Appoggiò la schiena all’indietro e incrociò le braccia. «L’idea era questa, perlomeno. Era questo che minacciava ai porci che ricattava.»

«E quelli pagavano? Tutti?» le chiese Sampson.

Mara Kelly si guardò intorno incredula, come se non riuscisse a capacitarsi di essere finita in un simile pasticcio.

«Be’, se avessero pagato tutti senza fare una piega, non saremmo qui a fare questi discorsi, no?»

Il segno del male
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