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L’indomani mattina, quando Ned Mahoney mi telefonò e mi diede appuntamento nel giardino dell’Hirshhorn Museum, non feci domande, uscii immediatamente dall’ufficio e mi avviai.

The beat goes on. Che cosa vorrà mai Ned? Che cos’avrà scoperto?

Quando scesi la rampa sul lato del Mall, vidi che mi aspettava seduto su un muretto. Prima che lo raggiungessi si alzò e si incamminò e, quando lo affiancai, cominciò a raccontarmi le ultime novità senza perdersi in convenevoli. Lo conoscevo abbastanza bene da sapere che non era il caso di interromperlo e lo ascoltai in silenzio.

A quanto pareva l’FBI aveva già un mandato per controllare i conti bancari all’estero di Tony Nicholson. Avevano stilato un elenco dei bonifici effettuati avvalendosi del servizio Swift, che fornisce il nome degli ordinanti e il relativo numero di conto.

La Swift, Society for Worldwide Interbank Financial Telecommunication, è una cooperativa internazionale con sede in Belgio che gestisce qualcosa come sei trilioni di transazioni al giorno. Nel suo database non sono comprese le operazioni bancarie di routine – i prelievi bancomat, per esempio – ma c’è quasi tutto il resto. Della Swift e della legittimità dei suoi servizi si era parlato molto dopo l’undici settembre, quando si era saputo che il governo USA si serviva dei suoi dati per seguire i movimenti delle cellule terroristiche. Evidentemente qualcuno dell’FBI era riuscito ad aggirare tutti gli ostacoli e ad accedere ai dati personali di Tony Nicholson.

«Se fosse un mio caso – ma non lo è – comincerei dai versamenti più consistenti fatti sul conto di Nicholson e procederei fino ai più modesti» disse Mahoney mentre mi ragguagliava. «Non so quanto tempo hai a disposizione, però, Alex. Questa è una faccenda che scotta. C’è qualcosa che non quadra. Qualcosa di grosso.»

«Non se ne sta già occupando il Bureau? Mi sembra impossibile che non sia considerato un caso federale...»

Era la prima domanda che facevo dopo averlo lasciato parlare ininterrottamente per cinque minuti di orologio. Non lo avevo mai visto così agitato, il che è tutto dire, dal momento che anche normalmente va come un treno imbottito di Red Bull.

«Per la verità, non lo so» disse alzando le spalle. Si mise le mani in tasca e ci accingemmo a fare un altro giro del giardino.

«Di sicuro c’è sotto qualcosa. Per esempio, non capisco perché, ma il caso è stato trasferito ai colleghi di Charlottesville, che è una sede satellite e che si coordinerà con Richmond, immagino.»

«Trasferito? Ma è assurdo! Perché hanno fatto una cosa simile?»

Sapevo per esperienza che l’FBI non trasferiva da un’agenzia all’altra un’indagine in corso se non per gravi motivi. Al massimo, formava una task force con agenti di sedi diverse in modo da coprire un’area più vasta. Una decisione del genere era inaudita.

«La comunicazione è stata data dall’ufficio del vicedirettore ieri pomeriggio e stamattina tutte le carte erano già nella nuova sede. Non so chi sia l’agente speciale responsabile del caso, ammesso che ne abbiano nominato uno. Nessuno si degna di parlarmene. Per quanto li riguarda, io sono un mero coordinatore che non si deve occupare di questo caso. Infatti non dovrei neanche essere qui.»

«Staranno mica cercando di dirti qualcosa?» Ned ignorò la mia battuta. Era poco spiritosa, lo ammetto, ma stavo tentando di farlo calmare un po’. Se non altro, volevo che parlasse più lentamente, in modo da riuscire a seguire tutto quello che diceva.

Ned si fermò vicino al grande gruppo scultoreo di Rodin, mi prese la mano e me la strinse in maniera stranamente formale. «Devo andare» disse.

«Mahoney, mi fai un po’ paura...»

«Vedi cosa riesci a fare. Io cercherò di scoprire quello che posso, ma non contare sul Bureau nel frattempo. Per nessun motivo. Capito?»

«No, Ned, non capisco. E questo elenco di banche cui hai accennato?»

Ma lui si stava già allontanando lungo la scala che porta all’uscita su Jefferson Drive.

«Non so niente» mi disse voltando appena la testa, ma intanto si batteva con la mano sulla tasca della giacca.

Aspettai che se ne fosse andato, poi mi misi la mano in tasca. Oltre alle mie chiavi, c’era una chiavetta USB nero e argento.

Il segno del male
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