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Una volta che Nana si fu sistemata nel suo letto d’ospedale, venne a parlarci la cardiologa di turno. Si chiamava Englefield e dimostrava una cinquantina d’anni. Aveva lo sguardo dolce, ma anche il distacco professionale tipico della maggior parte degli specialisti.
Mentre ci parlava, consultava la cartella clinica.
«Signora Cross, la diagnosi è di scompenso cardiaco congestizio. Questo significa che il suo cuore non pompa sangue a sufficienza e di conseguenza non le arriva abbastanza ossigeno, motivo per cui stamattina è collassata.»
Nana annuì, impassibile. Chiese solo una cosa: «Quando mi dimettete?»
«In media il ricovero per queste cose è di quattro o cinque giorni. Vorrei trovarle la giusta terapia per la pressione, vedere come reagisce.»
«Be’, se sto in casa, però... Lei dove sta?»
La dottoressa rise, come se Nana stesse scherzando. Non appena se ne fu andata, però, Nana mi disse: «Devi parlare con qualcun altro. Sto bene: voglio tornare a casa».
«Davvero?» chiesi, per non contrariarla.
«Davvero.» Mi fece segno di andare. «Forza, fa’ quello che ti ho detto.»
Ero in difficoltà: non avevo mai preso decisioni per Nana, ma sentivo di dover cominciare a farlo.
«Penso che dovremmo dare retta alla dottoressa Englefield» replicai. «Se stando qualche giorno qui ci possiamo evitare un’altra mattinata come questa, direi che conviene.»
«Non mi hai sentito bene, Alex.» Lo disse in tono più duro. E mi prese anche per un polso. «Non voglio restare qui dentro un giorno di più, mi hai capito? Mi rifiuto! Penso sia mio diritto.»
«Nana...»
«No!» Mi puntò contro l’indice. «Non usare quel tono con me. Rispetti il mio desiderio oppure no? Perché se proprio devo, mi alzo e ci penso da sola. Sai benissimo che ne sono capace.»
Mi faceva star male che mi puntasse contro il dito. Da una parte era prepotente, ma dall’altra mi stava pregando di rispettare il suo desiderio.
Mi sedetti sul bordo del letto e mi chinai verso di lei, avvicinandole il viso alla faccia. Le parlai con gli occhi chiusi.
«Nana, vorrei che prendessi seriamente a cuore la tua salute. Rallenta un po’, segui i consigli dei medici. È importante, davvero. Sii saggia.» Era un consiglio che Nana mi dava spesso, sin da quando avevo dieci anni: Sii saggio.
Nel silenzio, sentii che si appoggiava al cuscino. Quando aprii gli occhi, vidi che piangeva. «È così, allora? È qui dentro che mi tocca morire?»
Presi una seggiola e mi sedetti vicino al letto. «Non morirai stanotte, Nana.» Su quella sedia rimasi con lei tutta la notte.