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Il Grand Foyer era illuminato come una vetrina di Macy’s a Natale per il galà annuale del Kennedy Center, durante il quale erano stati premiati i cinque rappresentanti più brillanti e meritevoli del mondo dello spettacolo. Mezza Los Angeles era venuta ad assistere alla cerimonia e a socializzare con mezza Washington. Per la capitale era una serata unica, caratterizzata dalla presenza di un gran numero di star.

Per Teddy era decisamente una serata da festeggiare. Se avesse chiesto a quella bella gente qual era la notizia della settimana, nove su dieci avrebbero sicuramente risposto la stessa cosa: Zeus era morto. Un uomo malvagio, che aveva commesso reati esecrabili e aveva ricevuto la punizione che meritava. Un classico.

E come tutte le favole, anche quella era una bugia con un vago fondamento di realtà. Zeus era lì, in mezzo alla folla, a gustare aragosta e champagne come tutti gli altri. Be’, non proprio come tutti gli altri. Teddy era uno che veniva servito e riverito anche dai potenti; c’era gente disposta a pagare una bella cifra per partecipare agli eventi a cui presenziava. Era un privilegio che valeva la pena di mantenere e Teddy aveva tutte le intenzioni di riuscirci.

C’era però il problema delle «voglie». La voglia di scopare belle donne, di vederle soffrire, di ucciderle. Sarebbe riuscito a controllare queste sue «voglie»? Fino a quel punto, gli era andata bene. Anzi, meglio di così non gli sarebbe potuta andare. Era fuori pericolo, libero da qualsiasi sospetto.

Mise da parte quei pensieri eccitanti, in quel momento fuori luogo, e ricominciò a circolare nella sala conversando come solo lui sapeva fare. Era nel suo elemento e diede il meglio di sé.

Al bar chiacchierò brevemente con Meryl Streep e John McLaughlin, poi fece i complimenti al presidente della Camera dei Rappresentanti per l’intervista a Meet the Press e si congratulò con una delle celebrità premiate quella sera, Patti LuPone, per i suoi grandi successi, pur non sapendo in che cosa consistessero. E continuò così, spostandosi da un gruppo all’altro senza mai fermarsi abbastanza da annoiare qualcuno e senza mai rivelare nulla di sé. Il bello dei cocktail era proprio quello.

Alla fine raggiunse Maggie nella Sala delle Nazioni. Stava conversando amabilmente con il nuovo governatore democratico della Georgia e con la moglie, di cui Teddy non ricordava mai il nome e che aveva una faccia da levriero.

«Parli del diavolo...» disse Maggie, prendendolo a braccetto. «Ciao, tesoro. Stavamo proprio parlando di te, con Douglas e Charlotte.»

«Salve, Doug. Buonasera, Charlotte. Non dicevate nulla di male, spero» ribatté e gli altri risero, come da copione.

«Sua moglie ci stava raccontando che è un ottimo cavallerizzo» disse il governatore.

«Ah» replicò Teddy. «Uno dei miei piccoli segreti. Ne ho così pochi, ormai, che cerco di tenerli il più possibile nascosti.»

«Dovete venire nella nostra casa di campagna l’estate prossima. Si possono fare delle bellissime passeggiate a cavallo.»

«Volentieri» esclamò Teddy. Era una di quelle bugie che non fanno male a nessuno. «E voi dovete venire a trovarci alla Casa Bianca prossimamente.» Guardò Maggie che sorrideva placida. «Vero, tesoro?»

Il segno del male
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