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Quel giorno dovevo andare ancora in un posto e chiesi a Sampson di accompagnarmici.
Uno dei personaggi più amati di Washington, nonché uno degli uomini che ammiravo di più, Hilton Felton, era morto qualche tempo prima a soli sessant’anni. Avevo passato tantissime serate a sentirlo suonare il pianoforte da Kinkead’s a Foggy Bottom, dove si era esibito tutte le sere dal 1993 in poi, e per quella sera nel locale era stato organizzato un concerto in sua memoria.
La sala era strapiena: almeno centocinquanta persone erano venute a ricordarlo e, naturalmente, ad ascoltare l’ottima musica suonata dai suoi amici. Fu una bellissima serata: l’atmosfera era rilassata e commossa al tempo stesso e la musica non avrebbe potuto essere migliore, a meno che Hilton in persona fosse tornato a suonare.
Quando Andrew White si alzò e suonò uno dei brani di Hilton, pensai che ero molto fortunato ad aver conosciuto personalmente il compositore e nello stesso tempo mi rattristai al pensiero che non l’avrei mai più sentito suonare.
Hilton mi mancava moltissimo e per tutto il tempo non feci che pensare a lui. A lui e a Nana: era stata lei a portarmi a sentire Hilton la prima volta.