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Prima che dimettessero Nana, dovetti andare a parlare con la dottoressa Englefield. Nel suo studio al primo piano del St. Anthony’s Hospital, era molto più rilassata, disinvolta e umana.
«Le abbiamo messo un drenaggio toracico e abbiamo riportato la pressione sanguigna a livelli normali, ma è soltanto l’inizio. Bisogna che stiate molto attenti, tutti e due. Regina non vuole ammetterlo, ma ha più di novant’anni. Non c’è da scherzare.»
«Capisco» dissi. «Anche mia nonna capisce, glielo assicuro.»
Nana doveva prendere ACE-inibitori, diuretici e una combinazione di vasodilatatori, l’isosorbide dinitrato e l’idralazina, che si era dimostrata particolarmente efficace nei pazienti afroamericani, per motivi a me sconosciuti. Avrebbe dovuto seguire una dieta completamente priva di sale e controllare il peso quotidianamente, per accertarsi di non trattenere liquidi.
«Mi rendo conto che è un grosso cambiamento di abitudini» sottolineò la dottoressa Englefield, accennando un raro sorriso. «Ma è necessario, se non vogliamo che vada in arresto cardiaco. È importante che la famiglia la segua e la controlli.»
«Faremo tutto quello che serve» le assicurai. Sapevo che Jannie era andata a cercare su internet cos’era lo scompenso cardiaco.
«Raccomanderei anche l’assistenza di una persona quando lei e sua moglie siete fuori casa» disse la dottoressa, che aveva visto Bree solo di sfuggita. Non la corressi. «Probabilmente Regina si ribellerà.»
Sorrisi. «Vedo che ha avuto modo di conoscerla bene. Sì, stiamo già cercando qualcuno.»
La dottoressa mi fece un sorriso che durò la bellezza di un decimo di secondo. «È stata una fortuna che l’abbiate soccorsa subito, l’altra mattina. Speriamo che sia altrettanto fortunata la prossima volta. Se ci sarà una prossima volta.»
Capivo perfettamente come mai Nana aveva soprannominato la Englefield «Dottoressa Sunshine». Se mi voleva spaventare, era decisamente riuscita nel suo intento.