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Nessuno si aspettava quello che accadde dopo. Era passata una mezz’oretta e io ero ancora al Blacksmith Farms.
Ned e io sentimmo delle voci nel salotto della suite e andammo a vedere che cosa stava succedendo. Alcuni tecnici si erano radunati intorno a un agente con la barba su una scaletta vicino alla porta. Aveva in una mano la copertura di plastica del rilevatore di fumo e guardava il dispositivo che vi aveva trovato sotto.
Ci indicò con una matita un cilindretto di plastica dall’aria innocua, in mezzo a una serie di fili elettrici. «Secondo me, è una telecamera. E piuttosto sofisticata.»
Bel colpo!
Ned ordinò subito un’altra perquisizione del club con i rilevatori di radiofrequenze. Spegnemmo tutti i cellulari e anche tutti i computer e i televisori che trovammo in giro: non volevamo interferenze con le apparecchiature.
La perquisizione non durò molto: novanta minuti dopo, ci riunimmo nell’atrio della casa per un briefing. Vidi alcuni volti familiari, compreso quello del vicedirettore, Luke Hamel, e di Elaine Kwan, dell’unità di Analisi comportamentale, dove prima lavoravo io.
Mi sorprendeva che al caso non fosse ancora stata data ufficialmente priorità assoluta, tenuto conto del numero di persone coinvolte nelle indagini.
L’agente speciale responsabile della raccolta delle prove era Shoanna Spears, una donna dalla corporatura massiccia, molto alta, con un marcato accento di Boston e un ramo di edera tatuato che spuntava appena dal colletto della camicia bianca. Salì sulla scala principale per parlare.
«Praticamente, abbiamo passato al setaccio tutta la villa. Abbiamo trovato telecamere in tutte le stanze, compresi i bagni e la suite sul retro.»
«Cosa riprendevano? Lo sappiamo?» chiese Hamel, esprimendo il pensiero di tutti.
«Per ora no. Sono apparecchiature wireless in grado di trasmettere a una stazione nel raggio di trecento metri se non di più. All’ultimo piano abbiamo trovato un hard drive con il software giusto, ma nessun file in archivio. Questo significa o che veniva fatta sorveglianza in diretta o, più probabilmente, che qualcuno si è portato via le registrazioni.»
«Nel qual caso cosa dobbiamo cercare?» chiese Mahoney, dal fondo della stanza. «Dischi? Un portatile? E-mail?»
L’agente Spears annuì. «Continua» disse. «Non sono file particolarmente sofisticati: possono stare ovunque.»
Rimanemmo tutti alquanto delusi. Avremmo avuto bisogno di un po’ di incoraggiamento. Arrivò subito dopo.
«Per quel che vale, sembra che sull’hardware trovato di sopra ci siano le impronte di una sola persona. Le stiamo confrontando con quelle sul database IAFIS.»