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Mi reggevo in piedi solo grazie all’adrenalina e alla caffeina, quando arrivai all’Eisenhower Executive Office Building, di fronte alla West Wing della Casa Bianca. Erano quasi le quattro del mattino, ma al Comando operativo interforze l’attività ferveva come in pieno giorno.
L’atmosfera, nella sala riunioni, era a dir poco tesa. Su uno dei numerosi schermi piatti appesi alle pareti scorrevano le immagini trasmesse dalla CNN, con la baracca di Remy Williams ripresa dall’alto e il sottotitolo Morto agente del Secret Service.
In fondo alla sala un uomo sulla cinquantina, in maniche di camicia, sbraitava al telefono a voce abbastanza alta da farsi sentire da tutti.
«Non me ne frega un cazzo se non è a lei che lo devo dire! Quello non era un agente del Secret Service. Cambiate i sottotitoli, per la miseria!»
Individuai subito alcune persone che conoscevo, tra cui Emma Cornish del dipartimento di polizia di Washington, ufficiale di collegamento con l’unità Crimini Violenti del Secret Service, e Barry Farmer, uno dei due agenti del Secret Service distaccati presso la Omicidi. Era come se dipartimento e Secret Service fossero improvvisamente diventati un tutt’uno.
Realtà o apparenza?
Era presto per dirlo.
Ci sistemammo tutti intorno a un grande tavolo ovale per il primo briefing. L’agente speciale che sbraitava al telefono si chiamava Silo Ridge ed era il vice responsabile delle indagini. Si alzò in piedi insieme a Cormorant.
«Ho preparato una scheda che adesso vi distribuirò» annunciò Ridge, dividendo a metà un fascio di fogli per farli circolare sui due lati del tavolo. «Il soggetto si chiama Constantine Bowie, o Connie Bowie, alias Zeus. Come quasi tutti già sapete, Bowie è stato agente del Secret Service dal 1988 al 2002.»
Nessuno batté ciglio tranne me, e forse Sampson. Era come se ci avessero appena messo sotto il naso una mappa completamente nuova.
Alzai la mano e mi presentai: «Alex Cross, dipartimento di polizia di Washington. Sono appena arrivato, e vorrei sapere che rapporto c’è, sempre che ci sia, fra Bowie e Remy Williams, a parte il fatto che sono stati entrambi agenti del Secret Service».
«Ispettore Cross, benvenuto fra noi» disse Ridge. Parecchie teste si voltarono verso di me. «Noi qui ci occupiamo dell’ex agente Bowie e basta. Tutto il resto, per il momento, è di competenza degli inquirenti.»
«Chiedevo solo perché...»
«Apprezziamo la collaborazione del dipartimento, come sempre, ma il nostro è un caso delicato e non mi pare questa la sede per analizzarlo nei dettagli. Procediamo.»
Cercai di non giungere a conclusioni affrettate e concessi a Ridge il beneficio del dubbio, almeno per il momento.
Su uno degli schermi fu proiettato un ritratto di Bowie scattato nel 2002. Sembrava un agente come tanti: mascella squadrata, capelli castani pettinati all’indietro, aria da WASP. Gli mancavano solo gli occhiali scuri.
«Bowie risulta coinvolto nell’omicidio di almeno tre donne» continuò Ridge. «Che lavoravano tutte per il Blacksmith Farms, nella contea di Culpeper. I nomi delle tre vittime sono Caroline Cross, Katherine Tennancour e Renata Cruz...» Sullo schermo scorreva una serie di foto scattate da telecamere di sorveglianza che avevo già visto. «Oltre a quello di Sally Anne Perry.»
Partì un video e riconobbi subito le immagini del DVD che avevo passato a Cormorant qualche giorno prima. Del resto Ridge l’aveva appena detto: Apprezziamo la collaborazione del dipartimento...
«Non è un bello spettacolo, ma è bene che sappiate con chi abbiamo a che fare» avvertì Ridge. «L’uomo che sta per entrare nella stanza è Constantine Bowie. E sta per commettere un omicidio.»