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Mi svegliai perché qualcuno mi toccò una spalla e mi bisbigliò all’orecchio: «È ora di andare, tesoro. È arrivata la zia».
Mia zia Tia posò ai miei piedi una borsa di tela con il lavoro a maglia. Mi ero svegliato e riaddormentato almeno cinque o sei volte durante la notte ed ero un po’ disorientato, avevo perso la cognizione del tempo in quella stanza senza finestre, con Nana così grave.
La guardai e mi parve che stesse come la sera prima. Non sapevo se fosse un buono o un cattivo segno. Forse tutt’e due. «Aspetto che passino i medici e poi vado» dissi a Tia.
«No, tesoro, vai ora.» Mi diede un colpetto sul braccio per farmi alzare. «Non c’è abbastanza spazio per tutti e due e mi fanno male le gambe. Fammi sedere e vai, su. Vai a lavorare, poi torni e le racconti tutto, come hai sempre fatto.»
Tirò fuori i grossi ferri da calza di legno colorati che le avevo sempre visto usare. Nella borsa aveva anche un thermos e USA Today. Vedendola sistemarsi al capezzale di Nana con tanta efficienza pensai che non era la prima volta che assisteva un malato: lo aveva già fatto con mio zio e con Anna, la sua sorella minore. Mia zia era quasi una professionista nell’assistenza di malati e moribondi.
«Stavo per portarti un libro di David Whyte, che ti piace tanto» disse. Per un attimo credetti che parlasse con me. «Poi ho pensato no, niente poesie, meglio tenerla aggiornata, e così ti ho portato il giornale di oggi. Sai che faranno fare in Cina la statua di Martin Luther King? In Cina! L’avresti mai detto, Regina?»
Tia, senza essere sentimentale, a modo suo è una santa donna. Ero sicuro che, coma o non coma, non si sarebbe lasciata sorprendere da Nana a piangere. Mi chinai e le diedi un bacio sulla testa. Poi baciai anche Nana.
«Arrivederci, Tia. Nana, ci vediamo più tardi.»
Mia zia continuò a chiacchierare, ma Nana mi rispose: sentii la sua voce sotto forma di eco, o di ricordo, non so.
Fai il bravo, Alex, mi disse. E sii prudente, mi raccomando.
In realtà non correvo nessun pericolo fisico immediato. Ufficialmente ero stato sospeso dal servizio, dopo la sparatoria del giorno prima. Il capo dell’Investigativa Davies aveva limitato la sospensione a due giorni, cosa che avevo apprezzato, ma non potevo permettermi di stare lontano dalle indagini. Dovevo parlare al più presto con Tony Nicholson e Mara Kelly. Chiesi perciò a Sampson di fissare i colloqui a suo nome. Io lo avrei accompagnato, perché due paia di occhi e di orecchi sono meglio di uno.