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Alle dodici del giorno dopo, Nana era sveglia e respirava senza l’aiuto di macchinari. Aveva il cuore ingrossato ed era troppo debole per lasciare il reparto di terapia intensiva, ma speravamo che prima o poi potesse tornare a casa. Festeggiai la buona notizia facendo entrare di soppiatto i ragazzi nella sua camera per un minuto. Fu la festa di famiglia più silenziosa della storia dei Cross.
Anche sul lavoro le notizie erano incoraggianti. Un’avvocatessa dell’FBI, tale Lynda Cole, aveva ottenuto un mandato e gli agenti del Bureau erano tornati nel club della Virginia. Quando finalmente Ned Mahoney mi rispose al cellulare, erano già sul luogo.
Bree mi diede il cambio (a lei l’avrebbe dato zia Tia qualche tempo dopo) e nel pomeriggio mi recai in Virginia a dare un’altra occhiata al Blacksmith Farms.
Ned mi venne a prendere davanti all’ingresso principale. Le indagini si concentravano particolarmente sulla dépendance sul retro, una costruzione che comprendeva un garage a tre posti al pianoterra e una suite al primo piano, cui si accedeva mediante una scala interna.
Sembrava una suite dell’Hay-Adams Hotel, con rivestimenti in tessuti morbidissimi sui toni chiari, elegante controsoffitto nella zona pranzo e caminetto con mensola in legno lucidissima.
Se non fosse stato per la presenza dei tecnici, sarebbe stato un appartamento da rivista.
«Il mistero è la camera da letto» disse Ned. Lo seguii oltre la portafinestra, munita di tende. «Non ci sono tappeti, accessori, lenzuola... Niente di niente» disse. Lo vedevo anche da solo. A parte il letto spoglio, un comò e due comodini, sembrava la stanza di uno che si è appena trasferito altrove.
«I tecnici non hanno trovato neppure un pelo o una fibra. E così abbiamo provato con il luminol.»
Ecco perché c’erano lampade UV portatili nella stanza. Mahoney spense la luce sul soffitto e chiuse la porta. «Facciamogli vedere, ragazzi.»
Accese le lampade, la stanza si illuminò di una luce che sembrava radioattiva: pareti, pavimento e mobili emanavano un chiarore azzurro fluorescente. Sembrava di essere in una puntata di CSI.
«Qui le pulizie sono state fatte in maniera molto professionale» disse Mahoney. «E non da un’impresa qualsiasi.»
Uno dei limiti del luminol è che reagisce non solo al sangue, ma anche a detergenti che si usano per lavarlo via, come la candeggina. Ed era per questo che la stanza brillava dappertutto: sembrava che l’avessero cosparsa di Clorox.
Era certamente da considerare la scena di un crimine.
Forse, di un omicidio.