41

Remy Williams non si fidava di quei due. Non gli avevano mai ispirato nessuna fiducia, sin dall’inizio. Quando arrivarono e si fermarono davanti alla casetta nel bosco senza nemmeno scendere, Remy capì che c’era qualcosa che non andava. Che era peggio del solito.

«Come va, gente?» Si comportò come il bianco stronzo che credevano che fosse. «Cosa mi avete portato, stavolta?»

«Due donne.» Quello al volante alzò gli occhi, ma senza guardarlo in faccia. Come mai? Che il sudamericano avesse una coscienza? «Una ha un proiettile in petto. Vedrai.»

«Davvero? E com’è che le avete sparato?»

«Non lo so. Forse perché stiamo ancora cercando l’ultima che è scappata.»

Lo stava provocando, Remy se ne accorse benissimo. Non capiva perché, e non sapeva niente di quegli omicidi. Era solo un ingranaggio, sapeva solo quello che riguardava lui, e basta. Forse era così per tutti. Come con JFK, RFK, O.J. Simpson.

«Mi pareva che aveste sparato anche all’ultima» disse, stando al gioco. «Non è mica detto che sia riuscita a scappare. Magari è qui nel bosco a marcire da qualche parte. Un giorno di questi la trova qualche escursionista.»

«Chissà.» L’ex agente prese un bel respiro, perché stava cominciando a irritarsi. «Senti, se scarichi i bagagli, noi togliamo il disturbo.»

Remy si grattò il cavallo dei pantaloni con troppa enfasi. Poi si avviò verso il retro della macchina. Da dentro, gli aprirono il bagagliaio. Cristo santo! Che spettacolo!

I due corpi erano avvolti in due teli di plastica neri, chiusi con il nastro adesivo. Quegli uomini erano professionisti, bisognava riconoscerlo. Ma chi era ad ammazzare quelle poveracce? Cosa c’era sotto? Chi era l’assassino?

Tirò fuori i due «pacchi», posandoli sulla cerata che aveva già sistemato per terra. Aveva messo i propri attrezzi sul ceppo di un noce e portato una tanica da cinque litri di benzina vicino al trituratore.

«Qual è quella con il proiettile?» chiese.

«Quella alta. Nel petto, a sinistra. Uno spreco, te lo dico io: era una gran gnocca.»

La voltò a faccia in su e tagliò i teli di plastica nel mezzo spingendo il coltello abbastanza da disegnare una sottile linea rossa. Scostò i bordi del telo e trovò un buco appena sopra il seno sinistro, che era bellissimo. Il corpo era ancora caldo: quella poveretta doveva essere morta da un paio d’ore al massimo.

«Okay, ho capito. Volete che glielo tolga io o ci pensate voi?»

«Toglilo tu e levalo di mezzo.»

«Okay. Ecco fatto. Cos’altro?»

«Chiudi il bagagliaio.»

Pochi secondi dopo, i due erano già scomparsi.

Remy non si fidava di loro, ma la loro arroganza non gli dava fastidio, anche perché giocava a suo favore. Probabilmente non si rendevano conto di quanto erano «spendibili».

E vulnerabili.

Quando si erano resi irriconoscibili e irrintracciabili, gli avevano facilitato enormemente il compito. Erano solo due piccoli delinquenti e Remy sapeva benissimo che, all’occorrenza, i fantasmi sono i più facili da far sparire.

Poteva fare anche questo lavoro: l’aveva già fatto in passato. Era il suo lavoro.

Aprì l’involucro in cui era avvolta la seconda ragazza e notò che era molto bella anche lei. Sembrava l’avessero strangolata. E morsa, anche? Le palpò i seni ancora caldi, ci giocherellò un momento e poi la trascinò fino al trituratore.

Che spreco, davvero! Chi era a fare quelle cose? Uno ancora più fuori di lui?

Il segno del male
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