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La festa più bella della mia vita durò fino a tardi. Non lesinammo sul cibo, fornito da un amico che aveva una ditta di catering: quantità industriali di carne di maiale marinata e cotta alla griglia, riso al cocco, banane fritte... Il tutto accompagnato da un drink che in onore degli sposi Sampson decise di chiamare Breelex: due tipi di rum, succo di ananas, ginger ale e una ciliegina, oppure solo succo di ananas, ginger ale e ciliegina per i bambini, anche se mi risulta che Damon abbia assaggiato almeno una volta pure la versione per adulti.
Jerome Thurman suonò in giardino con il suo gruppo jazz, i Fusion, facendo ballare tutti sotto le stelle e anche cantare me, dopo due Breelex. O forse tre. I ragazzi sentenziarono che ero «stonato» e «orrendo».
La mattina dopo ci alzammo presto, pur avendo fatto le ore piccole, perché ci aspettava un taxi per l’aeroporto, dove ci imbarcammo su un volo per Miami con coincidenza per Nassau. Appena atterrati nella capitale delle Bahamas, una limousine ci portò allo One&Only Ocean Club, un resort che meritava quel nome perché era davvero unico.
Bree e io l’avevamo visto in Casino Royale, il mio film preferito di tutta la serie di James Bond, e avevo giurato che un giorno ce l’avrei portata. Appena arrivammo davanti all’albergo, con il viale di accesso a forma di goccia pieno di automobili lussuosissime, le battute cominciarono.
«Cross. Il mio nome è Bree Cross» disse mia moglie mentre la aiutavo a scendere dalla limousine.
Aveva sorpreso parecchie persone decidendo di prendere il mio cognome. Siccome sarebbe stata liberissima di continuare a usare il suo, questa sua scelta mi aveva reso particolarmente felice. Mi piaceva sia sentirlo pronunciare a lei che pronunciarlo io.
«Alex Cross e signora» mi presentai alla receptionist, che era molto gentile, e Bree mi accarezzò la mano. Ci scappò da ridere, come due ragazzini. O forse semplicemente come due sposini. «Tra quanto potremo tuffarci in mare, secondo lei?»
«Tre minuti e mezzo, direi» rispose la signorina porgendoci la chiave. «È tutto a posto. Avete una suite con quattro posti letto nella Crescent Wing e una villa con vista mare. Vi auguro un piacevole soggiorno. Divertitevi.»
«Certo che ci divertiremo!» esclamò Jannie, che ci aveva seguito, mentre Nana, Damon e Ali erano ancora fuori ad ammirare la spiaggia di sabbia bianchissima e l’acqua turchese. Letteralmente turchese.
«Tieni, Miss J.» le dissi porgendole la chiave della suite. «Ti consegno ufficialmente le chiavi. Ci vediamo domani a pranzo.»
«Papà, continuo a pensare che sia stata una follia portare anche noi» replicò. Poi si avvicinò, come se volesse confidarmi un segreto, e aggiunse: «Ma sono felice che tu l’abbia fatto».
«Anch’io» le bisbigliai all’orecchio.
Eravamo comunque in luna di miele. È a questo che servono i cartelli con la scritta NON DISTURBARE, no?