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Tutto sommato era stata una giornata divertente: rilassante e piena di sorprese. In particolare, Denny non si aspettava che la ex moglie di Mitch fosse così carina. Era appena sceso il buio, quando arrivarono ad Arlington, quella sera. Per tutto il viaggio di ritorno Mitch aveva guardato fuori dal finestrino, sospirando e agitandosi sul sedile.

Arrivati al Roosevelt Bridge, però, si mise dritto e guardò davanti a sé.

«Cosa succede, Denny?»

Il traffico era bloccato in entrambe le direzioni e sulla carreggiata c’erano agenti e auto della polizia con i lampeggianti accesi. Non era un semplice ingorgo, e non sembrava neppure che ci fosse stato un incidente.

«C’è un posto di blocco» rispose Denny.

Era un provvedimento che le autorità avevano introdotto da qualche anno, ma solo nei quartieri più violenti della capitale. Denny non ne aveva mai visti in centro.

«Dev’essere successo qualcosa di grosso. Ma grosso grosso, eh?»

«Non mi piace, Denny.» Il ginocchio di Mitch cominciò ad andare su e giù. «Non avevi detto che cercavano un Suburban, da quando abbiamo fatto il colpo di Woodley Park?»

«Sì, ma blu scuro o nero. E poi non vedi che fermano tutti? Peccato non avere un po’ di giornali da vendere, piuttosto» rispose Denny, cercando di sembrare ottimista. «Potevamo rifarci di quello che abbiamo speso oggi per la benzina.»

Mitch, poco convinto, continuò a tenere la testa bassa, tesissimo.

Poi, di punto in bianco, chiese: «E dove li abbiamo presi i soldi per la benzina, a proposito? E la busta per Alicia? Non capisco da dove vengono».

Denny digrignò i denti. Di solito Mitch era uno che non faceva domande.

«Sai cosa succede a chi è troppo curioso? Rischia di fare una brutta fine» replicò. «Tu concentrati sulle cose importanti, che del resto mi occupo io, okay? Compreso questo.»

Erano quasi arrivati alla barriera. Un poliziotto alto come un giocatore di basket fece cenno di avvicinarsi.

«Favorisca patente e libretto.»

Denny prese i documenti dal cassetto e glieli porse senza batter ciglio.

Era in situazioni come questa che uno si rendeva conto dei vantaggi di lavorare per le persone giuste. Denny Humboldt aveva le carte in regola. Nemmeno una multa per divieto di sosta. Era pulito come il culo di un gatto a un concorso di bellezza.

«Cosa è successo?» domandò all’agente. «Qualcosa di grave?»

Per tutta risposta il poliziotto guardò la roba ammucchiata sul sedile posteriore e domandò: «Da dove venite?»

«Da Johnsonburg, Pennsylvania» rispose Denny. «Un postaccio. Non le consiglio di andarci, se proprio non è costretto.»

«Quanto tempo siete stati via?»

«Siamo partiti stamattina. Andata e ritorno in un giorno. Non mi può dire cos’è successo, allora?»

«No.» Il poliziotto gli restituì i documenti. «Andate pure» disse.

Appena furono ripartiti, Mitch si tolse le mani dalle ginocchia e fece un gran sospiro. «Per un pelo» mormorò. «Quello era sospettoso, te lo dico io.»

«Ma figurati!» lo rassicurò Denny. «Non sapeva niente, Mitch. Non sa niente nessuno. Non se lo immaginano neanche, dammi retta.»

Non ci volle molto per trovare un notiziario alla radio. Il cecchino di Washington, il Patriota, aveva colpito ancora. Aveva sparato a un poliziotto dall’altra sponda del Potomac, in pieno centro.

E infatti, quando ebbero attraversato il Roosevelt Bridge, videro un sacco di mezzi della polizia fermi lungo la Rock Creek Parkway. «Guarda che luminarie, Mitch! Cos’è? Già Natale?»

«Cosa dici, Denny?» Mitch, ancora scosso dopo il posto di blocco, aveva l’aria stordita.

«Hanno sparato a un poliziotto. Non stavi a sentire?» ribatté Denny. «Esattamente come speravamo. I cittadini seguono il nostro esempio!»

Il ritorno del killer
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