18
A mezzanotte, il telefono dell’albergo cominciò a suonare. Con il senno di poi, capii che non era una coincidenza. La mezzanotte segna l’inizio di un nuovo giorno. Ed era questo il messaggio che quella telefonata voleva trasmettermi.
«Alex Cross» risposi.
«Una nuova storia d’amore nella tua vita, Alex? Come fai a farci stare anche quella?»
Riconobbi subito la voce di Kyle Craig, che mi investì come una doccia gelata. Di colpo, era cambiato tutto.
«Kyle» dissi, per far capire a Bree chi era. «Da quanto sei a Washington?»
Bree era già seduta sul letto. Appena sentì nominare Kyle, prese il cellulare dal comodino e andò nel bagno.
«Che cosa ti fa pensare che io sia a Washington?» domandò Kyle. «Sai che ho occhi e orecchie dappertutto. Non ho bisogno di essere lì, per essere lì.»
«Capisco» replicai, cercando di mantenere un tono di voce calmo. «Ma so di essere molto interessante, per te.»
Kyle Craig ridacchiò. «Ciò ti lusinga, vedo. Ma dimmi: come stanno i tuoi? Nana Mama? I figli?»
Le sue non erano domande, ma minacce, e lo sapevamo tutti e due. Kyle aveva l’ossessione della famiglia, perché la sua era disastrata. Aveva ucciso tutti e due i suoi genitori, in momenti diversi. Non dovevo abboccare. Mi sforzai di mantenere il sangue freddo.
«Perché chiami, Kyle? Non fai mai niente senza un motivo preciso.»
«Non ho visto Damon» continuò lui. «È ancora alla Cushing Academy, vero? Che si trova a ovest di Worcester, dico bene? È grande, ormai.»
Mi aggrappai alla sponda del materasso: il fatto che i miei figli fossero nei pensieri di Kyle Craig mi turbava enormemente.
Sapevo che lasciarmi andare ad avvertimenti e minacce sterili sarebbe stato come versare benzina sul fuoco. Kyle era sempre stato competitivo nei miei confronti, in una maniera patologica. Catturarlo, la prima volta, era stato difficilissimo.
Ci sarei riuscito di nuovo?
«Kyle» replicai, facendo uno sforzo sovrumano per non mettermi a gridare. «Se non mi dici dove vuoi arrivare con questa conversazione, metto giù. Dimmi quello che mi vuoi dire, altrimenti...»
«Polvere alla polvere, cenere alla cenere» recitò. «Non è un segreto, Alex.»
«Cosa intendi?»
«Mi hai chiesto dove volevo arrivare, no? Polvere alla polvere, cenere alla cenere, lì dove sempre si arriva. Naturalmente alcuni ci arrivano prima e altri dopo. La tua prima moglie, per esempio, c’è arrivata piuttosto presto. Non per merito mio, purtroppo.»
A quel punto, persi la pazienza e feci il suo gioco.
«Senti, stronzo: stai lontano da noi. Giuro su Dio che, se t’azzardi a...»
«A far cosa...?» mi interruppe lui, con altrettanta foga. «A far del male alla tua stramaledetta famiglia? A ucciderti la bella fidanzata?» Era furibondo. «Come osi parlarmi di quello che non c’è più? Pensa a quello che hai, Alex. E a quante cose hai portato via agli altri. Quante famiglie hai rovinato con la tua nove millimetri? Non sai cos’è la perdita, tu. Ma lo scoprirai presto, ipocrita di merda!»
Non l’avevo mai sentito così. Kyle Craig non diceva parolacce. Non il Kyle Craig che conoscevo io.
Che stesse scompensando in qualche modo? O la sua era soltanto una messinscena?
«Vuoi sapere qual è la differenza fra me e te, Alex?» continuò.
«La so già» replicai. «Io sono sano di mente e tu no.»
«La differenza è che io sono vivo perché nessuno di voi è mai riuscito a eliminarmi, mentre tu sei vivo solo perché io non ho ancora deciso di ammazzarti. Ti era sfuggito, forse?»
«Io non ti ucciderò, Kyle.» Le parole mi uscivano di bocca come per volontà propria. «Ti rimanderò a marcire in quella cella del Colorado da cui sei scappato. Lentamente, inesorabilmente. Ti farò rinchiudere di nuovo, Kyle.»
«A proposito» mi interruppe lui. E riattaccò. Era tipico di Kyle. Un altro modo per dire che dettava lui le regole. Il controllo era ossigeno, per lui.
Mi ritrovai accanto Bree, che mi abbracciò. «Ho parlato con Nana» mi sussurrò. «Non è successo niente, ma le ho detto che torniamo. Sta arrivando una pattuglia a tenere d’occhio la casa.»
Mi alzai e mi vestii più in fretta che potei. Tremavo dalla rabbia. E non ce l’avevo soltanto con Kyle.
«Ho fatto un casino, Bree» dissi. «Mi sono lasciato andare. Non dovevo permettergli di farmi perdere il controllo. Ho peggiorato le cose.»
Sempre che fosse possibile peggiorare le cose.