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Tornai alla macchina e mi misi a scrivere, appoggiato al volante, per fare ordine fra le varie ipotesi che mi affollavano la mente.
Rebecca aveva detto che erano appena arrivati in camera, quando Downey era stato ucciso. Questo significava che i cecchini erano già appostati e pronti a sparare. Pertanto, sapevano con esattezza quando e dove colpire. Era successa la stessa cosa con Vinton e Pilkey davanti al ristorante, e anche con Mel Dlouhy, visto che avevano scelto proprio una sera in cui i vicini erano fuori città per ammazzarlo.
Conoscevano le abitudini delle vittime, i movimenti delle persone intorno a loro, particolari anche molto privati della loro vita altrimenti pubblica. Per raccogliere tante informazioni a quel livello di accuratezza ci volevano tempo, persone, know-how e, molto probabilmente, denaro.
Ripensai a quello che mi aveva detto Siegel sul tetto del Moore Building qualche ora prima. Questi lavorano su commissione. Se lì per lì non avevo escluso che quell’ipotesi avesse un certo fondamento, adesso mi pareva più che solida e mi rodeva che Siegel ci fosse arrivato prima di me. In genere non sono così, ma quell’uomo scatenava i miei istinti peggiori.
Gli omicidi dei cecchini seguivano un piano prestabilito e molto ben delineato. Se chi aveva sparato avesse voluto uccidere anche Rebecca, l’avrebbe fatto. Ma la ragazza non rientrava nella categoria di persone da eliminare: aveva avuto solo la sfortuna di trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato. Gli altri, invece, no. Secondo le regole del loro gioco, Rebecca non meritava di morire, mentre Skip Downey e gli altri «cattivi» di Washington sì.
Ma chi era a dettare le regole di quel gioco? Chi lo stava giocando? E qual era la posta?
Non potevo ancora escludere che i cecchini agissero per conto loro, ma la mia paranoia mi faceva formulare ipotesi ben più inquietanti. O forse, più che la paranoia, era l’esperienza a spingermi su quella strada.
E se dietro a tutto ci fosse stato qualche esponente del governo? O qualche agenzia americana o internazionale?
Poteva essere la mafia, forse? Le forze armate? O qualche personaggio con i contatti giusti, tanti soldi e un sinistro obiettivo da raggiungere?
Gli interrogativi erano molti, e tutti senza risposta: chi sarebbe stata la prossima vittima? Come avremmo fatto a proteggere tutti i farabutti di un certo livello? Non era proprio possibile.
Sarebbero morte altre persone, a meno che non avessimo avuto uno straordinario colpo di fortuna. Con ogni probabilità il prossimo a morire sarebbe stato un altro personaggio controverso e presumibilmente inviso all’opinione pubblica. Una sola cosa sapevo di quel gioco: che era terrificante.