78
Le tre ore e mezzo di macchina per arrivare nel New Jersey passarono in un lampo, forse perché non smisi un attimo di pensare. Mi rincresceva avere tanta fretta, perché mi sarebbe piaciuto fermarmi a salutare mio cugino Jimmy Parker al Red Hat, il suo ristorante sul fiume Hudson a Irvington. Dio, che voglia di fare una pausa e un pranzo come si deve!
Qualcuno in quella tomba di Louisville ci sarà stato sicuramente, ma non poteva essere Steven Hennessey, se le sue impronte erano su quel Suburban.
La domanda era: che identità aveva assunto Hennessey dopo la sua presunta sepoltura? E dove si trovava adesso? Che cosa erano andati a fare lui e il suo compagno fantasma nel New Jersey?
Ero d’accordo con l’ispettore Cowen che ci saremmo incontrati al Turn Mill Pond, dove era stato ripescato il SUV. Volevo vedere il posto finché era giorno e poi andare con Cowen a esaminare il Suburban.
Quando gli telefonai per avvertirlo che ero nei paraggi, però, non mi rispose.
E non rispose nemmeno quando giunsi al luogo dell’appuntamento, sulla riva sud del lago. Mi incavolai, ma non c’era niente da fare. Scesi dalla macchina e mi guardai un po’ intorno.
Turn Mill è uno dei numerosi laghi e laghetti dell’area protetta di Colliers Mills, che si estende per diversi chilometri quadrati. Da quel punto, si vedevano solo alberi, acqua e la strada sterrata che avevo appena percorso.
Tutta la privacy necessaria per sbarazzarsi di un veicolo.
Sulla riva c’erano solchi e impronte, presumibilmente lasciati dalla polizia durante il recupero del mezzo. Il Suburban doveva essere stato spinto in acqua da un ponte di legno che collegava le sponde nel punto più stretto del lago.
Guardando dall’alto, il fondale sembrava abbastanza profondo, ma in realtà non lo era. In ogni caso, una volta buttato giù il veicolo, anche volendo non lo si sarebbe più potuto spostare.
Fatte queste osservazioni, tornai verso la macchina pensando di andare in città a cercare la stazione di polizia. In quel momento vidi arrivare una volante a velocità decisamente elevata.
Seguì la strada che avevo fatto anch’io lungo la costa per un tratto, scomparve fra gli alberi e poi riapparve per fermarsi proprio accanto a dove avevo lasciato la mia macchina.
Vidi scendere una poliziotta bionda, che mi salutò con la mano.
«Detective Cross?»
«Sono io.»
«Sono l’agente Guadagno. Mi manda l’ispettore Cowen. Vuole che la porti in centrale. C’è stato un omicidio in città. Una donna che si chiamava Bernice Talley.»
Ne dedussi che Cowen non poteva più occuparsi del mio caso.
«Mi può portare lei a visionare il Suburban, o dobbiamo passare attraverso qualcun altro?» chiesi all’agente Guadagno.
«No» rispose. «Voglio dire, non ha capito. Cowen vuole che lei venga sulla scena del crimine. Pensa che l’omicidio della signora Talley sia rilevante.»
«Ai fini di cosa? Del Suburban? Delle mie indagini sui cecchini?» esclamai.
La collega si toccò il cappello con aria preoccupata. «Forse tutti e due» rispose. «È ancora tutto da chiarire, ma anche il marito della Talley è morto ammazzato. Gli hanno sparato due anni fa, laggiù.» Mi indicò un tratto di bosco a un centinaio di metri da dove eravamo. «Si pensò a un incidente di caccia, ma il responsabile non si è mai fatto avanti. Cowen pensa che chi ha buttato quel Suburban nel lago non sia capitato qui per caso. Peraltro, gli omicidi da queste parti sono molto rari. Ha deciso di interrogare il figlio, Mitchell Talley, in qualità di persona informata sui fatti, per la morte di entrambi i genitori.»
Tacque, con la mano sulla portiera aperta, e mi guardò negli occhi.
«Mi dirà che la cosa non mi riguarda, ma... Pensa che sia lui il cecchino di Washington? Seguo il caso dall’inizio, con molto interesse.»
Esitai a rispondere. «Preferisco vedere la scena del crimine, prima di pronunciarmi.»
Ma la risposta alla sua domanda era sì.