58

Conoscevo Sara Wilson da oltre vent’anni. Lei e la mia prima moglie, Maria, erano state compagne di camera ai tempi in cui frequentavano la Georgetown University ed erano rimaste buone amiche fino alla morte di Maria. Adesso io e Sara ci facevamo gli auguri a Natale e ci vedevamo solo di rado. Mi accolse con un abbraccio affettuoso. Ricordava benissimo chi era Sampson, nome e cognome.

Il suo studio, una stanzetta minuscola in uno dei palazzi del campus della Georgetown, denominato in maniera poco originale «Edificio B», era pieno di libri. Al centro c’era una scrivania, disordinata come la mia, e al muro era appesa una grande lavagna bianca piena di formule matematiche scritte con pennarelli di colori diversi.

Sampson si sedette sul davanzale della finestra e io sull’unica sedia libera che c’era.

«Grazie di averci ricevuto» esordii. «So che sei molto presa, essendo periodo di esami.»

«Mi fa piacere darti una mano, Alex. Sempre che io sia in grado.» Si abbassò sul naso gli occhiali senza montatura e guardò il foglio che le porgevo. Vi erano trascritti i numeri e l’equazione incisi addosso alle due vittime. Avevamo portato anche le foto delle rispettive scene del crimine, ma non ci pareva il caso di mostrare a Sara quelle immagini raccapriccianti, a meno che non fosse proprio necessario.

Sara indicò l’equazione che aveva incisa sulla schiena il cadavere ritrovato quella mattina e disse: «Questa è la funzione zeta di Riemann. È matematica teorica. Davvero ha a che fare con gli omicidi su cui state indagando?»

Sampson annuì. «Senza entrare troppo nei dettagli, diciamo che vorremmo sapere per quale motivo questa formula potrebbe diventare un’ossessione per qualcuno.»

«È una cosa che appassiona tanti, me compresa» rispose Sara. «La funzione zeta è al centro dell’ipotesi di Riemann, che è uno dei più grossi problemi irrisolti della matematica moderna. Nel 2000, il Clay Institute ha promesso un milione di dollari al primo che riuscirà a darne la dimostrazione.»

«La dimostrazione di cosa, scusa?» intervenni. «Ricordati che stai parlando a due profani della matematica.»

Sara si raddrizzò sulla sedia, preparandosi a darci una lezione. «In parole povere, si tratta di una descrizione della frequenza e distribuzione dei numeri primi da uno fino all’infinito, ed è per questo che è così difficile dimostrarla. La congettura è stata verificata da uno fino a un miliardo e mezzo, ma non si può fare a meno di chiedersi: cos’è un miliardo e mezzo rispetto all’infinito?»

«Io non ci dormo la notte» disse Sampson, serissimo.

Sara rise. Era ancora come me la ricordavo dai tempi in cui facevamo la colletta per pagare il conto del bar: lo stesso sorriso pronto, gli stessi capelli lunghi sulla schiena.

«E le altre due?» chiesi, indicandole le due serie di numeri che l’assassino aveva inciso sulla fronte delle vittime.

Sara abbassò lo sguardo sul foglio, poi si girò verso il computer e digitò i numeri, a memoria, nella barra di ricerca di Google.

«Sì, eccoli qua. Mi sembrava. Sono numeri primi di Mersenne. Il quarantaduesimo e il quarantatreesimo, per l’esattezza. Due dei numeri primi più grossi scoperti finora.»

Presi appunti mentre parlava, ma non ero sicuro di quello che stavo scrivendo. «Okay, passiamo alla prossima domanda» dissi. «A cosa serve?»

«A cosa serve cosa?»

«Mettiamo che l’ipotesi di Riemann venga dimostrata. E allora? Cosa cambia? Perché dovrebbe interessare a qualcuno?»

Sara rifletté prima di rispondere. «Be’, i motivi sono due. Intanto ci sarebbero sicuramente delle applicazioni pratiche. Nel campo della crittografia, per esempio: la cifratura dei testi e la decodifica dei crittogrammi ne risulterebbero del tutto rivoluzionate. È possibile che la persona a cui state dando la caccia abbia in mente qualcosa del genere.»

«E l’altro motivo?» chiesi.

Sara fece spallucce. «È interessante per il semplice fatto che esiste. È una specie di Everest della matematica, con la differenza che in cima all’Everest sono già arrivati, mentre l’ipotesi di Riemann non è ancora stata dimostrata. Lo stesso Riemann ebbe un esaurimento nervoso, e John Nash, il matematico di A Beautiful Mind, ne era ossessionato.»

Sara si sporse in avanti e, mostrandoci il foglio con i numeri, disse: «Mettiamola così: se state cercando cosa può far diventare pazzo un matematico, siete sulla buona strada. È questo che stai cercando, Alex? Un matematico pazzo?»

Il ritorno del killer
titlepage.xhtml
part0000.html
part0001.html
part0002.html
part0003.html
part0004.html
part0005.html
part0006.html
part0007.html
part0008.html
part0009.html
part0010.html
part0011.html
part0012.html
part0013.html
part0014.html
part0015.html
part0016.html
part0017.html
part0018.html
part0019.html
part0020.html
part0021.html
part0022.html
part0023.html
part0024.html
part0025.html
part0026.html
part0027.html
part0028.html
part0029.html
part0030.html
part0031.html
part0032.html
part0033.html
part0034.html
part0035.html
part0036.html
part0037.html
part0038.html
part0039.html
part0040.html
part0041.html
part0042.html
part0043.html
part0044.html
part0045.html
part0046.html
part0047.html
part0048.html
part0049.html
part0050.html
part0051.html
part0052.html
part0053.html
part0054.html
part0055.html
part0056.html
part0057.html
part0058.html
part0059.html
part0060.html
part0061.html
part0062.html
part0063.html
part0064.html
part0065.html
part0066.html
part0067.html
part0068.html
part0069.html
part0070.html
part0071.html
part0072.html
part0073.html
part0074.html
part0075.html
part0076.html
part0077.html
part0078.html
part0079.html
part0080.html
part0081.html
part0082.html
part0083.html
part0084.html
part0085.html
part0086.html
part0087.html
part0088.html
part0089.html
part0090.html
part0091.html
part0092.html
part0093.html
part0094.html
part0095.html
part0096.html
part0097.html
part0098.html
part0099.html
part0100.html
part0101.html
part0102.html
part0103.html
part0104.html
part0105.html
part0106.html
part0107.html
part0108.html
part0109.html
part0110.html
part0111.html
part0112.html
part0113.html
part0114.html
part0115.html
part0116.html
part0117.html
part0118.html
part0119.html
part0120.html
part0121.html
part0122.html
part0123.html
part0124.html
part0125.html
part0126.html
part0127.html
part0128.html
part0129.html
part0130_split_000.html
part0130_split_001.html
part0130_split_002.html
part0130_split_003.html
part0130_split_004.html
part0130_split_005.html
part0130_split_006.html
part0130_split_007.html
part0130_split_008.html
part0130_split_009.html
part0130_split_010.html
part0130_split_011.html
part0130_split_012.html
part0130_split_013.html
part0130_split_014.html
part0130_split_015.html
part0130_split_016.html
part0130_split_017.html
part0130_split_018.html
part0130_split_019.html
part0130_split_020.html
part0130_split_021.html
part0130_split_022.html
part0130_split_023.html
part0130_split_024.html
part0130_split_025.html
part0130_split_026.html
part0130_split_027.html
part0130_split_028.html
part0130_split_029.html
part0130_split_030.html
part0130_split_031.html
part0130_split_032.html
part0130_split_033.html
part0130_split_034.html
part0130_split_035.html
part0131.html