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Quando arrivammo davanti alla casa di Bernice Talley, c’erano due file di auto della polizia lungo la strada. Intorno alla villetta era stato teso un nastro per tenere a distanza i curiosi. Sicuramente i vicini, che osservavano la scena, da quella sera in poi sarebbero stati più attenti a chiudere bene porte e finestre.
L’agente Guadagno mi scortò dentro la casa e mi presentò Scott Cowen, che sembrava molto indaffarato. Era un uomo alto e robusto, con la testa pelata e lucida, che non la smetteva mai di parlare.
Come aveva fatto quella mattina al telefono, mi illustrò la situazione con un monologo lungo ed esauriente.
La signora Talley era stata trovata morta in cucina dal ragazzo che tutte le domeniche andava a tagliarle l’erba in giardino. Era stata uccisa da un colpo alla tempia, sparato a distanza ravvicinata, presumibilmente con una nove millimetri. L’ora del decesso non era ancora stata accertata, ma non dovevano essere passate più di settantadue ore.
La donna viveva sola da quando il figlio Mitchell se n’era andato di casa, due anni prima, poco dopo la morte del padre. Girava voce che la buonanima del marito la picchiasse, e che fosse violento anche con Mitchell.
«Potrebbe essere il movente, almeno per quanto riguarda il padre» aggiunse Cowen. «Ma perché sia voluto tornare a uccidere anche la madre, povera donna, Dio solo lo sa. E poi ci sono questi...»
Mi mostrò i trofei e le medaglie allineati nel salotto. Erano stati vinti tutti in gare di tiro a segno: New Jersey Rifle and Pistol Club, Junior NRA, gare di tiro con carabina a cinquanta e trecento metri e al bersaglio mobile. La maggior parte erano primi premi, con qualche medaglia d’argento e di bronzo.
«Un campione» commentò Cowen. «Un vero prodigio. Ma forse anche un po’ – come dire? – tonto.»
Indicò una foto in cornice su uno dei tavolini. «È lui, una decina di anni fa. Ne stiamo cercando una più recente da diffondere.»
Il ragazzo nella foto avrà avuto sedici anni. Aveva un viso tondo quasi angelico, ma lo sguardo era spento e i baffetti un po’ ridicoli. Immaginai che pochi lo prendessero sul serio, a quell’età.
Le armi sono la sua unica forza, pensai. Da sempre.
Tornai a osservare coppe e medaglie. Forse sparare era l’unica cosa che Mitchell Talley sapeva fare bene, l’unica che gli dava prestigio. Quadrava.
«Quand’è l’ultima volta che è stato visto da queste parti? Veniva spesso a trovare la madre?» domandai.
Cowen si strinse nelle spalle come per scusarsi. «Non lo sappiamo. Abbiamo appena cominciato a indagare» disse. «Non abbiamo neppure ancora raccolto le impronte. Abbiamo soltanto trovato il cadavere. Sei fortunato a essere qui.»
«Sai che fortuna...»
Avevo il sospetto che la grande attenzione che i media riservavano al caso del Patriota mettesse un po’ a disagio i colleghi del New Jersey. Sembrava che tutti sapessero chi ero e mantenessero le distanze.
«Tranquillo» dissi a Cowen. «È normale che le indagini siano ancora all’inizio. Però ho qualche idea su come potremmo muoverci.»