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Ventidue giorni dopo, un uomo che assomigliava moltissimo a Max Siegel uscì dall’hotel Meliá Habana nell’elegante quartiere Miramar della capitale. Gli stranieri che andavano a farsi curare a Cuba erano numerosi quanto i borseggiatori, in quella zona, e nessuno fece caso all’uomo in completo di lino, spalle possenti, lividi intorno agli occhi e medicazioni sul naso e sulle orecchie.
L’uomo pagò il conto e appose una firma perfettamente falsificata sulla ricevuta della nuovissima American Express intestata a Max Siegel. Gli interventi di chirurgia estetica erano stati pagati in contanti, invece.
Prese un taxi davanti all’hotel e attraversò la città per raggiungere lo studio del dottor Cruz, discretamente ubicato in uno dei tanti porticati neoclassici della città. Si trattava di un ambulatorio moderno, con personale specializzato, da fare invidia a molte cliniche di chirurgia estetica di Miami o Palm Beach.
«Le devo dire, señor Siegel, che sono molto soddisfatto» dichiarò il dottore a voce bassa, togliendogli l’ultima medicazione. «Un lavoro fra i migliori che abbia mai fatto, se posso dire.» Aveva modi pacati ed efficienti, molto professionali. Nessuno avrebbe mai detto che fosse disposto a tanti compromessi deontologici.
Lo aveva sottoposto a numerosi interventi, una procedura che altrove avrebbe richiesto mesi, se non addirittura un anno intero: blefaroplastica, rinoplastica chiusa con scollamento completo della cute e dei tessuti molli dalla piramide nasale, nuovi impianti in MEDPOR per rendere più prominenti gli zigomi e il mento, genioplastica di scivolamento per modificare il profilo della mandibola, protesi di silicone sulla fronte e, per finire, una fossetta sul mento identica a quella di Max Siegel.
Su richiesta del paziente, il dottor Cruz non aveva fatto ricorso a tecnologie di imaging elettronico prima e dopo l’intervento. Per un piccolo extra, aveva lavorato su una serie di ingrandimenti digitali su supporto cartaceo, senza fare domande e senza chiedere dati biofisici.
Quando gli mise davanti un grosso specchio perché vedesse il risultato, Kyle Craig rimase impressionato: il suo viso era completamente cambiato.
Sorrise. Gli tiravano un po’ gli angoli della bocca, che si muoveva diversamente da prima. Non si riconosceva più: era Max, non più Kyle. Era sconvolgente, ma in senso buono. Non era la prima volta che cambiava faccia, ma in passato era ricorso a costose maschere prostetiche. Gli avevano consentito di evadere dal carcere, d’accordo, ma era tutt’altra cosa rispetto a questo.
«Quanto ci vorrà perché mi passino i lividi e mi si sgonfino gli occhi?» chiese.
Cruz gli consegnò una cartellina con una serie di raccomandazioni da seguire. «Se sta a riposo, nel giro di sette, dieci giorni non dovrebbe avere più niente.»
Occorrevano ancora alcuni piccoli ritocchi per completare l’opera, ma ci avrebbe pensato da solo: doveva tagliarsi e tingersi i capelli e procurarsi lenti a contatto del colore giusto. L’unica cosa che gli dispiaceva era che Kyle Craig fosse molto più bello di Max Siegel.
Pazienza. I vantaggi sarebbero stati infinitamente superiori agli svantaggi. E comunque, la prossima volta si sarebbe potuto trasformare in Brad Pitt.
Lasciò lo studio di ottimo umore e salì su un altro taxi per andare allo José Martí International Airport. Prese un volo per Miami e da lì, nel pomeriggio, uno per Washington. Aveva un appuntamento molto importante.
Cominciò a pensare solo a quello: aveva una gran voglia di rivedere il suo vecchio amico e collega Alex Cross. Forse Alex si era dimenticato le promesse che Kyle gli aveva fatto negli ultimi anni. No, era impossibile. Che si fosse rilassato un po’ troppo, di recente? Sì, era probabile. Ma l’importante era che il «grande» Alex Cross aveva i giorni contati. Non sarebbe stata una bella morte, la sua: avrebbe sofferto molto, fisicamente e psicologicamente. Sarebbe stato divorato dai rimpianti. Era valsa la pena di aspettare tanto, per un gran finale così.
Nel frattempo, Kyle Craig intendeva divertirsi un po’. Dopo tutto, nei panni del nuovo Max Siegel, sapeva meglio di tanti altri che c’erano infiniti modi per togliere la vita al prossimo.