12
Denny detestava il dormitorio dei poveri di Thirteenth Street. Lo detestava con tutte le sue forze. Quella sera in maniera particolare. Fare la fila sul marciapiede per una branda era una gran rottura, specie con la città in subbuglio per i due morti di Eighteenth Street. Che figata, ragazzi! E che rabbia perdersi una serata come quella e non poter festeggiare!
Ma era giusto non infrangere la routine, e quindi farsi vedere da quelle parti.
Mitch gli stava appiccicato come al solito, scuotendo la testa e facendo ballare il ginocchio, come sempre quando era nervoso. Si mescolava perfettamente al gruppo di disgraziati che frequentavano quel postaccio. Andava bene così, purché quel bestione non aprisse bocca.
«Non dire niente a nessuno» gli raccomandò Denny, mentre entravano nel dormitorio in fila indiana come zombie. «Testa bassa, okay? Fatti una bella dormita.»
«Io non dico niente, Denny, però sai cosa? Mi farei un Jim Beam, potendo.»
«Prima di domani non si può. Però poi festeggiamo, te lo prometto.»
Gli lasciò prendere il letto più in basso, per una volta: voleva controllare la situazione dall’alto.
E aveva ragione, perché dopo che le luci furono spente Mitch si alzò. Cosa voleva fare?
«Dove vai?» gli chiese Denny sottovoce.
«A pisciare. Torno subito.»
Non che Denny fosse paranoico: semplicemente non voleva correre rischi. Si tirò su a sedere e, dopo un minuto, scese a controllare che Mitch non combinasse guai.
Il corridoio era silenzioso. Il dormitorio era una ex scuola e gli stipetti dove adesso i barboni chiudevano tutti i loro possedimenti terreni un tempo ospitavano cartelle e cestini con la merenda.
Com’era cambiato in peggio il mondo!
Entrò nei bagni e notò che le docce erano tutte aperte, con l’acqua che scorreva, ma senza nessuno dentro. Brutto segno. Bruttissimo segno.
Andò verso i lavandini e vide due tipi grandi e grossi che spingevano Mitch contro il muro. Li riconobbe subito: erano Tyrone Peters e Cosmo Lantman, detto «Coz». Per colpa di quelli come loro un sacco di brave persone preferivano dormire su una panchina piuttosto che pigliarsi una branda al dormitorio. Avevano rivoltato le tasche a Mitch e per terra erano ancora sparsi degli spiccioli.
«C’è qualche problema?» chiese Denny.
«Nessun problema.» Tyrone non si voltò neanche. «Togliti dalle palle.»
«Non ci penso nemmeno.»
Cosmo lo guardò con gli occhi sgranati e si mise sulla difensiva. Sembrava che avesse le mani vuote, ma non era così.
«Non te ne vuoi andare? Va bene, allora accomodati.» Lo prese per il collo e gli puntò un coltello ricurvo sotto il naso. «Vediamo che contributo puoi dare...»
Con mossa fulminea, Denny lo afferrò per un polso e glielo torse di quasi trecentosessanta gradi. Cosmo si dovette piegare in due per non farsi spezzare il braccio. Da quella posizione, non fu difficile per Denny piantargli quella specie di falcetto nel sedere. Tre volte, in rapida successione, a mo’ di avvertimento. Avrebbe potuto conficcarglielo nel fegato, se avesse voluto. Cosmo cadde a terra, sanguinante.
Mitch, nel frattempo, era diventato matto. Cinse Tyrone con tutte e due le braccia all’altezza della vita e lo spinse con forza contro il muro di fronte. Tyrone gli mollò due pugni sul naso, provocandogli una bella emorragia, ma non ebbe l’accortezza di tenere la bocca ben chiusa. Mitch lo colpì sui denti e gli fece fare una mezza giravolta. Per buona misura, Denny lo afferrò per i testicoli e lo sbatté con la faccia contro un lavandino. La porcellana si macchiò di rosso e sulle mattonelle caddero tintinnando un paio di denti.
Recuperarono i soldi di Mitch e presero anche quelli che Tyrone e Cosmo avevano già in tasca. Poi Denny infilò i due bastardi nelle docce.
«’Sta gente non si rende conto con chi ha a che fare» sentenziò Mitch, una volta che furono nel corridoio. Aveva gli occhi che gli brillavano, nonostante avesse la faccia e la camicia sporche di sangue.
«Meglio così» replicò Denny. Il suo scopo era farsi vedere al dormitorio: a quel punto, l’aveva raggiunto. «Sai cosa ti dico? Pigliamo le nostre cose e andiamo a farci un Jim Beam.»