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«Ti sto chiamando da un telefono criptato, quindi è inutile che cerchi di rintracciare la chiamata» continuò Kyle. «Ora, se ho calcolato bene i tempi, dovresti essere nel ventre della balena. Giusto? E non mettere il vivavoce, altrimenti metto giù.»
Entrai nella sala riunioni gesticolando come un pazzo per far capire agli altri chi avevo in linea. Tutti si agitarono, pronti a entrare in azione, ma non c’era molto da fare. Se Kyle aveva detto che il telefono era criptato, sicuramente era così.
Qualcuno mi porse un blocco e una penna e Burns si sedette, avvicinando il più possibile l’orecchio al mio cellulare, finché non arrivò un suo assistente con un computer portatile che prese il suo posto e cominciò a trascrivere tutto quello che riusciva a sentire.
«Sei stato tu a uccidere Anjali Patel e Nelson Tambour, vero, Kyle?»
«Temo proprio di sì.»
«E Bronson James?» chiesi. «Hai ammazzato anche lui?»
«Notevole quel ragazzino, vero? No, è ancora un vegetale, se non erro.»
Quando gli davamo la caccia, la prima volta, il mio errore più grave era stato sbarellare. Non volevo che mi succedesse di nuovo, ma ero sconvolto, pieno di un odio mai provato in vita mia.
«Ti rendi conto della scia di morte e distruzione che ti porti dietro?» continuò lui. «Non capisci che sarebbe meglio per tutti se tu non esistessi?»
«Quello che vedo è il tuo odio ossessivo nei miei confronti» ribattei.
«Non è vero, io non ti odio» mi corresse Kyle. «Ti trovo affascinante, per essere un negro. Se non fosse così, a quest’ora saresti già morto, mentre Tambour, Anjali Patel e il piccolo Bronson James sarebbero ancora qui a chiedersi che cosa mangiare a colazione domattina. Dovresti essere lusingato, sai? Non sono molte le persone alle quali dedico così tanto del mio tempo.»
Il tono era quasi allegro. Sembrava di umore particolarmente buono. Uccidere lo divertiva. E gli piaceva moltissimo parlare di sé.
«Posso chiederti una cosa?» dissi.
«Molto interessante. Di solito non chiedi il permesso. Sentiamo: che cosa vuoi sapere, Alex?»
«Sono rimasto incuriosito dal modo in cui hai ucciso Tambour e Anjali. Non è da te imitare il modus operandi di altri assassini.»
«Già» ribatté prontissimo. «Caso mai succede il contrario.»
«Però adesso l’hai fatto. Ben due volte.»
«E quale sarebbe la domanda, allora?»
«Sei in contatto con gli assassini?» chiesi. «Quelli originali, intendo. Sono tue creature, Kyle?»
Rifletté prima di rispondere, forse per rallentare un po’ il ritmo, o forse per farsi venire in mente qualcosa da dire.
«Non sono in contatto con loro. E non sono mie creature» rispose dopo un po’. «Il Patriota è un po’ troppo banale per i miei gusti. Ma l’altro, quello dei numeri, è abbastanza interessante. Ammetto che non mi dispiacerebbe parlargli a quattr’occhi.»
«Quindi non conosci nessuno dei due» dedussi.
Seguì un’altra lunga pausa. Poi Kyle scoppiò in una risata di cuore.
«Alex Cross, mi stai chiedendo qualche consiglio?»
«Eri un agente in gamba, una vita fa» replicai. «Ti ricordi? E mi davi consigli.»
«Certo. Sono stati gli anni peggiori della mia vita, a parte quelli che ho passato nel cosiddetto ’supercarcere’ di Florence, e per i quali devo ringraziare soltanto te.» Fece una pausa; lo sentii prendere lentamente un lungo respiro prima di aggiungere: «E con questo si chiude il cerchio, ti pare?»
«Sì» dissi. «Evidentemente il tuo unico scopo nella vita è farmela pagare.»
«Più o meno.»
«Ma allora perché ci giri tanto intorno, Kyle? A che cosa servono tutti questi giochetti? Che cosa aspetti?»
«Aspetto che mi venga l’ispirazione, credo» rispose senza traccia di ironia. «È il bello di essere creativi, fantasiosi. Ci si mantiene aperti agli stimoli che si presentano. Più esperienza ha un artista, meglio riesce a rispondere al momento attuale.»
«Dunque adesso sei diventato un artista?»
«Forse lo sono sempre stato» dichiarò. «Ma sto diventando più bravo, questo è vero. Sarebbe stupido smettere proprio adesso, nel fiore degli anni. Ma ti dirò una cosa, amico mio.»
«Che cosa?»
«Quando verrà la fine, la riconosceremo tutti e due. Fidati.»