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Alex mentiva. Mentiva bene, ma mentiva. Se avesse saputo di essere seduto in macchina con Kyle Craig, avrebbe sicuramente tirato fuori la Glock e avrebbe sparato senza esitazioni.
Ma il bello era proprio quello, no? Cross non aveva il minimo sospetto. Su questo non c’era più alcun dubbio. Kyle non riusciva a immaginare nulla di più divertente di quella situazione.
Bevve un sorso di caffè e ricominciò a parlare. «In fondo anche qui è la stessa cosa, no?» disse con disinvoltura. Interessante: la cadenza e le inflessioni di Siegel ormai gli venivano più spontanee della sua stessa voce.
«In che senso?» chiese Cross.
«La storia delle ’volpi nel pollaio’. I buoni e i cattivi si confondono. Il confine tra il bene e il male non è più molto chiaro.»
«È vero» concordò Cross. «Più per l’FBI che per il dipartimento, però.»
«Dappertutto» ribatté Kyle. «Il politico corrotto, l’amministratore delegato che non si accontenta di dieci milioni di dollari, le cellule terroristiche ’embedded’. Che differenza c’è? Sono tutti lì, sotto il nostro naso, sono nostri vicini di casa. È come se il mondo prima fosse bianco e nero e subito dopo, appena strizzi leggermente gli occhi, vedi tutto grigio.»
Alex lo fissava. Che stesse finalmente cominciando a capire?
«Max, stai parlando di Steven Hennessey, o di te stesso?»
«Oh oh» rispose Kyle/Max scuotendo un dito. «Non mi ero accorto che avevi cambiato veste. Molto abile, dottor Cross.»
Alex rise. Straordinario. Kyle, dopo essere riuscito a indurre Cross a odiare Max Siegel, adesso con qualche abile aggiustamento di tiro si accingeva a trasformarlo in un suo convinto sostenitore.
Chissà. Andando avanti di questo passo, forse sarebbe riuscito addirittura a farsi invitare a cena. Poi, però, successe qualcosa che neppure Kyle aveva previsto.
Un proiettile trapassò il parabrezza.