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Il giorno dopo fu importante per Nana e me. I rapporti tra di noi erano freddi da quando la nostra casa era sotto sorveglianza, ma quella mattina la trovai che preparava la colazione a Rakeem e ai suoi uomini e capii che il peggio era passato.
«Oh, Alex, sei tornato. Bene. Porta fuori questi piatti, per favore» mi disse, come se fosse mio compito servire la colazione e lo facessi tutti i giorni. «Avanti, altrimenti si fredda!»
Quando tornai, trovai un piatto anche per me: uova strapazzate, linguiça e pane tostato. Da bere, spremuta di arance e caffè di cicoria nella mia tazza preferita, con la scritta: IL PAPÀ PIÙ BRAVO DEL MONDO. Era sbreccata perché una volta Ali l’aveva sbattuta contro il muro.
Le colazioni che Nana preparava per sé erano molto più dietetiche, da un po’ di tempo a quella parte: pompelmo, pane con burro non salato, tè e un piccolo assaggio di salsiccia. Perché, sosteneva, «va bene mangiare sano, ma non vogliamo neanche vivere cent’anni mangiando segatura».
«Voglio una tregua» dichiarò, sedendosi di fronte a me.
«Cin cin» replicai, sollevando il bicchiere con la spremuta. «Accetto le tue condizioni, qualsiasi esse siano.»
«Perché ti devo dire una cosa.»
Mi venne da ridere. «Il cessate il fuoco più breve del mondo... Nemmeno in Medio Oriente!»
«Rilassati. Riguarda Bree.»
Per quanto ne sapevo, Bree era ai primi posti nella classifica di gradimento di mia nonna, insieme al pane a fette, a Barack Obama e alle lettere scritte a mano e spedite per posta normale. Cos’era mai successo?
«Non vorrei che te la lasciassi sfuggire. È una ragazza in gamba» cominciò Nana.
«Lo so» dissi. «Tant’è che le ho regalato un anello con i brillanti. O era sfuggito all’attenzione di codesta corte?»
Nana agitò la forchetta come a dire che potevo risparmiarmela. «Gli anelli si sfilano con la stessa velocità con cui si infilano. Non ti offendere, ma in fatto di donne non è che hai un curriculum strepitoso.»
Ahia!
Ma non potevo darle torto. Non ero più riuscito ad avere una relazione stabile e serena da quando la mia prima moglie, Maria, era stata assassinata diversi anni prima.
Fino a Bree, s’intende.
«Se ti può consolare, ho portato Bree alla basilica dell’Immacolata Concezione e le ho chiesto di sposarmi, davanti a Dio» le dissi.
«E lei?» chiese Nana, senza batter ciglio.
«Ha detto che ci deve pensare. Mi farà sapere. A parte gli scherzi, Nana, perché mi fai questi discorsi? Ti ho dato motivo di credere che non le voglia abbastanza bene?»
Siccome stava mangiando la sua mezza salsiccia, mi fece segno di aspettare: voleva assaporarla senza distrazioni. Finito di masticare, alzò gli occhi come per incominciare una nuova conversazione e disse: «Sai bene che vado per i novanta».
Lo disse con un sorriso: a me risultava che stesse per compierne novantadue. Ma non capii comunque: perché me lo diceva?
«C’è qualcosa che mi hai tenuto nascosto, Nana?»
«No, no, stai tranquillo» rispose subito. «Sono sana come un pesce. Mai stata meglio in vita mia. Però, non posso fare a meno di pensarci. Nessuno è immortale. Credo.»
«Be’, cerca di non pensarci, invece. A parte il fatto che non sei un ferro vecchio, Nana. Sei insostituibile!»
«Lo so benissimo.» Posò la mano sulla mia. «E tu sei un bravo papà, forte e comprensivo. Ma non ce la puoi fare da solo. Con la vita che fai...»
«Non è per questo che voglio sposare Bree, Nana» le dissi. «Non mi sembra un motivo sufficiente. Ti pare?»
«La gente si sposa per molto meno, ragazzo mio» replicò lei. «In ogni caso, non te la fare scappare.» E con ciò si appoggiò allo schienale della sedia e mi strizzò l’occhio come a dire che stava scherzando.
Ma non stava scherzando. Proprio per niente.