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All’inizio c’erano solo oscurità, dolore e un cinguettio implacabile. Come se un uccello mi fosse entrato dentro e stesse cercando di aprirsi la strada a colpi di becco. Anzi, non uno ma due grossi rapaci. Uno al fianco, l’altro sul viso.
Aprii gli occhi. Mi bruciavano. Fuori dalla finestra accanto a me il sole illuminava un parcheggio che non riconobbi. Su un’autostrada in lontananza le auto transitavano normalmente sotto un cielo senza nuvole.
In un angolo della stanza, un’infermiera coi capelli rossi armeggiava con un carrello rivolgendomi la schiena. Quando aprii la bocca per chiamarla sentii di nuovo il sapore del sangue. Avvertii un giramento di testa, seguito da un’ondata di nausea, e persi di nuovo i sensi.
Quando mi svegliai, i miei occhi misero a fuoco alcune forme grigie intorno a me. Subito pensai fossero persone, ma dopo mi accorsi che erano palloncini di stagnola rossi e blu, più o meno quanti ne uscivano dal camino della casa di Carl nel film Up.
Distolsi lo sguardo con una smorfia di dolore. Il mio viso e il fianco erano gonfi e bruciavano, mi prudevano terribilmente. La cosa peggiore, però, era la rigidità che provavo dalla testa ai piedi. Mi sentivo come un lenzuolo tirato da tutte le parti.
«Grazie al Cielo. Oh, Signore, ti ringrazio» disse qualcuno. E non ero io.
Un attimo dopo apparve la faccia di Seamus.
«Ti prego, non dirmi che sei qui per l’estrema unzione.»
«No, no, hai ancora almeno una cinquantina d’anni da soffrire in questa valle di lacrime, brutto disgraziato. Ci hai fatto prendere una paura d’inferno.»
«Quanto tempo ho dormito?»
«Oggi sarebbe il terzo giorno.»
«Come sta...?»
«Apt? Più morto di una carogna» disse un’altra voce.
Emily Parker comparve accanto a mio nonno.
«Mary Catherine ti ha seguito fino alla spiaggia. Ha detto che, quando vi ha visto lottare, è tornata indietro di corsa e ha cominciato a suonare tutti i campanelli. Penso che avere come vicini di casa metà del corpo di polizia e dei vigili del fuoco abbia i suoi vantaggi.»
Approvai con un cenno del capo.
«Come...?»
«Vuoi sapere come stai?» disse Seamus.
Scossi la testa.
«Mary Catherine.»
«Ha pianto per due giorni» rispose Seamus. «Ma ora sta bene, credo. È una ragazza straordinaria, Mike, o forse dovrei dire una donna.»
«È vero» convenne Emily. «Ti ha salvato la vita. Quella di Ricky e quella di tutti voi. Rimettiti in sesto, Mike. Chiamami quando puoi. Adesso devo andare. C’è un sacco di gente che ti vuole vedere.»
Strinsi la mano di Emily.
«Mi dispiace» le dissi.
«Per cosa?»
«Per aver lasciato l’albergo.»
Lei sorrise.
«Tu sei dove devi essere, Mike. Adesso lo so.»
L’infermiera con i capelli rossi rientrò nella stanza con un’espressione irritata.
«L’orario di visita è finito» disse, spingendo Seamus verso la porta.
«Rimettiti» mi ordinò Seamus.
«Lo farò.»
«Promettimelo.»
Sorrisi.
«Lo giuro su Dio, padre» risposi.
Dormii per un altro po’. Quando riaprii gli occhi era buio e tutti i miei ragazzi erano lì.
Dapprima mi sentii contrariato. Non volevo che mi vedessero in quello stato. La loro madre era morta in un letto di ospedale. Non avevano già visto abbastanza orrori nella loro giovane esistenza? Un attimo dopo, però, mentre il mio sguardo passava dall’uno all’altro, mi scoprii a sorridere.
Erano preoccupati, ma cercavano di farsi coraggio e di farmi ridere. Mary Catherine più di tutti. Che mi piacesse o meno, mi trovavo circondato da un muro di sollecitudine, affetto e sostegno.
Dopo un po’, ricambiai i loro sorrisi tra le lacrime. Non avrei potuto fare diversamente, anche se avessi voluto. Era inutile resistere.
«Date un bacio a papà» ordinò Seamus ai miei ragazzi.
Ed è esattamente ciò che fecero, tutti assieme.