28
Erano quasi le otto del mattino quando Berger tornò nel suo appartamento.
Nell’ingresso alto e illuminato da una luce soffusa, si inginocchiò davanti al dipinto di Salvador Dalí, pregando che il grande artista spagnolo gli desse forza e sostegno.
Ripensò a una famosa citazione del Maestro: «All’età di sei anni volevo essere cuoco. A sette volevo essere Napoleone. E da allora la mia ambizione è andata sempre crescendo».
Berger si alzò sorridendo. Ogni istante, ogni respiro diventava sempre più dolce man mano che si avvicinava la sua morte. All’inizio aveva provato paura al pensiero di come sarebbe andata a finire. Adesso capiva che tutto aveva un senso. E ne era felice.
Nell’imponente biblioteca dell’appartamento Berger si spogliò lentamente fino a restare nudo. Prese il telecomando e andò a mettersi davanti al gigantesco schermo al plasma da centotré pollici del televisore Panasonic da cinquantamila dollari. Lanciò uno sguardo alla poltrona reclinabile di pelle morbidissima su cui aveva guardato tutti i suoi film preferiti, ma non si sedette. Per quello preferiva restare in piedi.
Accese il televisore. C’era la pubblicità di un prodotto femminile, e subito dopo Matt Lauer riempì la parete della stanza.
«E ora amici» disse Lauer «colleghiamoci con la Plaza e con The Show!»
Un giovane di colore vestito con una tuta arancione da carcerato e coperto di catene d’oro fece l’occhiolino dallo schermo.
«Siete pronti?» chiese The Show. Alle sue spalle, una schiera di ragazzi e ragazze, anche loro in tuta arancione, cantanti e ballerini di ogni razza, stavano immobili come le guardie di Buckingham Palace, aspettando l’attacco del pezzo per scatenarsi.
Molti ragazzi tra il pubblico avevano il cellulare in mano per immortalare il momento unico. Anche Berger sollevò il cellulare, ma non per catturare l’immagine.
Per crearne una sua.
Premette il tasto di composizione rapida.
«E uno, due» disse The Show.
«Lo Show è finito» disse Berger.
Ci fu un lampo. Un’esplosione sorprendente, seguita da un’eco prolungata e crepitante. The Show rimase lì, col microfono davanti alla bocca spalancata, mentre la telecamera si spostava oltre la sua spalla su un pennacchio di fumo. Il tutto nello splendore dell’alta definizione e del Dolby Surround. Berger era elettrizzato.
Passò su Channel Two.
Era in onda l’Early Show della CBS. La conduttrice, una bellona con l’aria da zoccola, stava grigliando del pesce sulla piazza antistante lo studio, tra la Cinquantanovesima e la Quinta Avenue, in compagnia del celebre chef Wolfgang Puck.
«Ja, visto? Ja?» stava dicendo Wolfgang.
«Ja, Volfie, ho visto, ho visto» disse Berger, premendo un altro tasto di composizione rapida corrispondente al secondo ordigno che aveva piazzato vicino al cestino per i rifiuti alle spalle dello chef.
Ci fu un’altra esplosione, ancor più assordante della prima. Qualcuno cominciò a urlare.
«È quello che vi meritate» disse Berger con aria di rimprovero, sintonizzandosi sulla ABC.
Diane Sawyer stava intervistando un giornalista sportivo che promuoveva il suo ultimo, insulso bestseller strappalacrime. Si trovavano all’aperto, su una delle terrazze ricavate sul tetto degli studi della ABC in Times Square.
«E dicci, dove prendi le idee per i tuoi libri?» chiese Diane.
«No, anzi, non dircelo» disse Berger, componendo il numero della terza bomba che aveva lasciato al centro di Times Square, giù in strada, sotto di loro.
Questa volta il rumore fu meno forte. Logico, erano molto in alto, pensò Berger abbassando lo sguardo sul tappeto orientale. Era rumore di vetri infranti quello che si era appena sentito? Annuì con un sorriso. Sì, era proprio così. Fantastico!
Soddisfatto, spense il televisore. Restare a guardare il caos seguente avrebbe dimostrato... cosa? Che la gente aveva paura degli esplosivi? Quello lo sapeva già. Meglio di molti altri. Era venuto il momento di riposarsi un po’ prima del pranzo.
Era molto orgoglioso delle sue bombe. Erano ordigni semplici. Candelotti di dinamite alti quanto i bicchieri da venti di Starbucks, collegati con un pezzetto di miccia detonante a un detonatore a sua volta connesso a un cellulare. Non molto potenti, ma abbastanza da spaventare tutti a morte. Abbastanza da costringere tutti a ponderare bene le prossime mosse.
Con gli esplosivi ad alto potenziale era come con il mercato immobiliare: l’ubicazione era tutto.
Entrò in bagno e aprì il rubinetto. Gettò nella vasca il bagnoschiuma e i cristalli da bagno, poi accese qualche candela. Mise nello stereo il nuovo CD che aveva acquistato da Bed Bath & Beyond. Mandò giù due compresse di vitamina P e si immerse nell’acqua tiepida mentre una voce di donna echeggiava simile a quella di un angelo sulle pareti scintillanti di marmo bianco di Losa.
«Who can say where the road goes?» cantò Berger insieme a lei.
Chiuse gli occhi.
Where the day flows?
Only time.