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Quando il cellulare mi svegliò, nel buio più completo, rotolai giù dal letto e brancolai per la stanza prima di estrarlo finalmente dalla tasca dei pantaloni.
Il numero iniziava con 212, il che significava Manhattan.
Non lo riconobbi.
Ero così rincretinito che, quando feci per rispondere, in realtà chiusi la comunicazione.
Mi passai una mano sugli occhi sbadigliando. Non c’era da meravigliarsi che fossi così fuori combattimento. Mary Catherine e io eravamo rientrati piuttosto tardi dal concerto. E come se non bastasse, MC, Seamus e io eravamo rimasti alzati a guardare un divertentissimo film comico degli anni Ottanta intitolato Catholic Boys, che raccontava le vicende di un liceo cattolico di Brooklyn negli anni Sessanta.
Avevo vissuto molte avventure simili, ricche di amicizie, problemi e contraddizioni, nei miei anni alla Regis, una scuola cattolica maschile di Manhattan. Non riuscivo a ricordare l’ultima volta che avevo riso così tanto.
Il cellulare squillò ancora mentre stavo tornando a letto. Questa volta riuscii a rispondere.
«Bennett.»
«Sono le tre. Sai dove sono i tuoi figli?» disse una voce.
Mi rizzai a sedere di colpo.
«Cosa?»
«Papà?» disse Ricky un attimo dopo. «Papà, mi dispiace.»
Nel sentire la voce spaventata di Ricky, balzai fuori dal letto come se mi avessero colpito con una scarica elettrica. Una pila di libri e la radio rovinarono giù da una mensola quando andai a sbatterci con la spalla mentre brancolavo nel buio.
Stavo sognando? pensai, stravolto, guardando fuori dalla finestra illuminata dalla luna. No. Era un incubo. Sentii che il telefono veniva strappato di mano a Ricky.
«Chi cazzo è?»
«Lo sai chi è» disse la voce. «E sai cosa devi fare. Lawrence me l’ha insegnato. Ora io lo insegnerò a te.»
Apt!
«Carl» dissi. «Ti prego, Carl. Farò tutto quello che vuoi. Ma non fare del male a mio figlio.»
«Vieni giù alla spiaggia e punta verso est, Bennett. Niente polizia, niente pistole. Hai tre minuti prima che gli tagli la gola. Tre minuti prima che tu debba inginocchiarti sulla sabbia per cercare di raccogliere il suo sangue.»
«Arrivo! Arrivo!»
Mollai il telefono, cercando di pensare in fretta. Cosa potevo fare? Quel bastardo sembrava totalmente pazzo e aveva con sé Ricky. Mi infilai gli shorts, mi guardai in giro cercando una camicia, ma poi lasciai perdere. Non c’era tempo.
«Mike? Cosa c’è? Cosa succede?» chiese Mary Catherine correndomi dietro mentre spalancavo la porta d’ingresso.
Decisi che non potevo dirglielo. Apt aveva ordinato di andare da solo. Era troppo pazzo per non obbedirgli.
«Niente, Mary. Tornatene a letto» sibilai.
«Come sarebbe a dire, niente?» ribatté, seguendomi fuori. «Sono le tre del mattino! Dove stai andando?»
Questa non ci voleva. Non adesso. Cominciò a seguirmi. Non avevo tempo per spiegarle. Come potevo fermarla?
«C’è bisogno che te lo dica? Sto andando da Emily, va bene? Sei contenta, adesso?»
Mary si bloccò di colpo sui gradini del portico. Mi straziava ferirla in quel modo, ma non avevo altra scelta.
«Come hai potuto?» disse gelida mentre io cominciavo a correre.
«Tornatene in casa!» urlai.