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Quando Allen Duques, suo avvocato da una vita, aprì la porta della camera di sicurezza, Berger si riscosse dal suo sogno a occhi aperti.
Duques, socio di uno studio legale tra i Global 100 con sede in Lexington Avenue, si occupava di tutti i suoi affari. L’avvocato di mezza età – fisico tarchiato, capelli grigi e portamento aristocratico – parve decisamente disorientato quando vide Berger dietro il divisorio di rete metallica. Avvicinò una sedia pieghevole alla parete della gabbia, ma esitò un istante prima di sedersi, quasi temesse di sgualcire l’immacolato completo di serge blu.
«Dimmi che quello che sostiene la polizia non è vero, Lawrence» esordì l’elegante avvocato, consultando il BlackBerry. «Questi omicidi e l’attentato dinamitardo alla Grand Central... hai ammesso un tuo coinvolgimento? Non capisco.»
Berger scosse la testa facendo tremolare le guance da basset hound. «Te lo spiego tra un momento, Allen, ma prima di tutto, l’hai portato? Il caviale?» chiese speranzoso.
Poco prima di essere arrestato stava divorando lattine di Riserva Speciale Iraniana una dopo l’altra, sdraiato a letto, ed era stato il pensiero di poter gustare un’ultima confezione di oro nero a tenerlo su di morale.
«Certo, Lawrence, ma purtroppo quando sono entrato mi hanno perquisito la valigetta. Mi dispiace, ma me l’hanno confiscato. Immagino che sia stato per via di quel poliziotto che ha perso la vita nell’attentato alla Grand Central. Temo che non troverai molti amici, qua dentro.»
Berger scoppiò a piangere. Nella sua mente visualizzò il Cristo di san Giovanni della Croce di Dalí, con Gesù sulla croce visto dall’alto in un cielo buio, sospeso su una distesa d’acqua.
«Lawrence, ti senti bene?» chiese Duques. «Dovremmo seriamente prendere in considerazione una difesa basata sull’infermità mentale. Sono piuttosto... preoccupato per te.»
«Potremmo parlarne domani all’udienza per la contestazione dell’accusa, Allen?» disse Berger quando, finalmente, si fu ripreso. «Adesso vorrei restare solo, per favore.»
Dopo che l’avvocato fu uscito, Berger tornò a voltarsi verso il muro. Mentre fissava un intero repertorio di parolacce e i graffiti sconci incisi sull’intonaco, sentì all’improvviso degli applausi. Da qualche parte, dietro la porta di metallo chiusa, un televisore trasmetteva un evento sportivo. Sentì la folla esultare, la voce eccitata del commentatore, altri applausi, un’euforia collettiva.
Un’improvvisa sensazione di gelo gli trafisse il cuore come una baionetta. Pensò alla sua vita. A ciò che aveva fatto a se stesso. A ciò che aveva fatto agli altri.
Si infilò il pollice e l’indice in bocca come se volesse fischiare. Invece, scalzò la capsula di un molare, il terzo superiore sinistro, ed estrasse con cura qualcosa dalla parte cava.
Sollevò alla luce quella che sembrava una piccola gelatina rossa. In realtà era uno speciale involucro di gel contenente del liquido rosso, una pillola avvelenata, un cocktail letale di cianuro e codeina.
Era venuto il momento di passare al piano d’emergenza. Quello di cui neppure Carl era a conoscenza.
Per lui era finita, pensò Berger, guardando la pillola. Nell’inviolabilità della sua roccaforte aveva immaginato di poter guardare la società negli occhi e ridere. Ma ora che si trovava a doverlo fare, capì che non ci sarebbe riuscito.
Pensò a quanto sarebbe rimasto deluso Carl. Perché il piano che avevano concordato non era ancora concluso. Quanto era accaduto fino a quel momento era in realtà soltanto la fase uno.
Quando lui fosse morto, il suo testamento sarebbe stato subito impugnato da sua sorella in Minnesota. Tutti i suoi beni, compreso il fondo segreto per gli omicidi cui aveva dato accesso a Carl, sarebbero stati congelati. Carl, forse l’unico amico che avesse mai avuto, sarebbe rimasto a secco.
Non ci si poteva fare nulla, pensò, infilandosi velocemente la pillola in bocca.
Berger rimase sorpreso di se stesso. Contrariamente alle sue abitudini, la incise con i denti e la deglutì in fretta. Pensò che avrebbe vomitato di nuovo nel sentire quel gusto amaro, ma si costrinse a fare dei bei respiri lenti e regolari finché si sentì meglio e la stanza cominciò a svanire.