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Superato non senza conseguenze quell’ostacolo burocratico, ce ne tornammo a Manhattan. Domenica o no, dovevamo andare nella nostra sala operativa all’undicesimo piano di One Police Plaza per organizzare una task force sul caso del Bombarolo Lawrence, come lo chiamavamo adesso.
Seguii la Honda di Miriam attraverso il Queens e il Queensboro Bridge. Di là dal parabrezza, le infinite finestre di Manhattan sembravano fissarmi dietro le travature arrugginite del ponte. Il pensiero che in quel momento qualcuno dietro una di quelle finestre stesse meticolosamente progettando di far saltare in aria propri simili non era confortante. Soprattutto mentre attraversavo a tutta velocità il vecchio ponte sgangherato.
Eravamo appena arrivati in centro e stavamo entrando al quartier generale dall’ingresso sul retro quando mi arrivò un messaggio sullo smartphone.
Era di Emily Parker, un’agente dell’FBI con cui avevo lavorato al mio ultimo caso. Eravamo rimasti in contatto, dopo la conclusione delle indagini, e sapevo che Emily lavorava al VICAP, una sezione dell’FBI che si occupa di cose piacevoli quali omicidi, aggressioni sessuali e resti umani non identificati.
Ho appena saputo della tua performance. Bello lavorare nel weekend, vero? Sei il titolare delle indagini sulla bomba alla biblioteca?
E poi ci preoccupiamo per le fughe di notizie, pensai. Come diavolo aveva fatto a sapere così in fretta della nostra riunione segreta, e per di più di domenica? Doveva averglielo detto uno dei suoi colleghi dell’FBI presenti all’incontro. Non è che per caso usciva con uno di quei due fanatici salutisti, vero?
Il fatto era che Emily era una donna molto attraente cui mi ero parecchio affezionato. Non come avrei voluto, ma avevo potuto assaporare il gusto del suo rossetto, stretti sul sedile posteriore di un taxi dopo la conclusione del caso. Ricordavo con piacere quel sapore. Anzi, con molto piacere.
Ripensando a quello, mi ricordai all’improvviso del bacio scambiato con Mary Catherine la sera precedente sulla spiaggia illuminata dalla luna. A pensarci, anche quello era stato piacevole. Essere single era divertente, ma qualche volta risultava complicato.
Affermativo. Mike Bennett, capo dei poliziotti da biblioteca.
Mentre salivo in ascensore arrivò la sua risposta.
Ah ah ah. Ho saputo che propendi per un singolo responsabile. Se hai bisogno di pareri, ricordati dei tuoi cugini di Quantico.
Cugini molto stretti, pensai.
«Allora, hai finito di messaggiare? Vieni o no?» mi riprese Miriam mentre la porta dell’ascensore si apriva all’undicesimo piano. «Sei peggio di mio figlio. E lui ha dodici anni.»
«Arrivo, mamma» replicai, affrettandomi a mettere via il telefono prima che mi venisse confiscato.