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«Ehm...?» feci, quando tornò.

«Ho dimenticato di dirtelo. Karen non viene» disse Emily mettendomi in mano un bicchiere di champagne.

Sedette su una poltroncina del terrazzo che sovrastava le luci scintillanti della città e buttò giù un sorso di bollicine.

«In realtà, non doveva venire» proseguì. «Me lo sono inventato.»

«Perché?» le chiesi.

«Per varie ragioni» rispose Emily fissandomi e accavallando le gambe. Notai che indossava scarpe nere con i tacchi alti e aperte in punta. Molto nere, con i tacchi molto alti.

«Ti racconterò tutto mentre mangiamo, Mike» disse, sollevando il coperchio del suo vassoio. «Dovresti vedere la tua faccia» aggiunse poi mentre mi sedevo.

«Preferisco vedere la tua» risposi, scuotendo la testa.

Divorai la cena. Non riuscivo a decidere cosa fosse meglio, se le braciole di agnellino da latte, cucinate alla perfezione e accompagnate da una salsa di limone, prezzemolo e rosmarino o il purè di patate con aglio e tartufo bianco. Lo champagne con cui annaffiammo il tutto era un Veuve Clicquot gelato. Dopo il terzo bicchiere, mi pareva di sentire le bollicine scoppiettare nelle vene.

Emily aprì l’altra bottiglia e riempì di nuovo i bicchieri.

«Sto ancora aspettando di sentire quelle ragioni, agente Parker» le dissi, sorridendo. «Perché sono qui? Cosa diavolo stai facendo? Cosa diavolo stiamo facendo?»

Lei posò lentamente la bottiglia umida sulla tovaglia.

«Okay» disse. «Per prima cosa, buon compleanno.»

«Ma non è il mio compleanno» dissi.

«Lo so» rispose, accennando un inchino. «È il mio. Il mio trentacinquesimo compleanno, per l’esattezza.»

«No!» dissi, sporgendomi verso di lei e abbracciandola. «Auguri! Perché non me l’hai detto?»

Un sorriso raggiante le illuminò il volto mentre il suo sguardo contemplava la città. Alla debole luce degli edifici, il suo viso aveva assunto una tonalità ambrata, come se lei fosse fatta d’oro.

«Da quando ho divorziato, Mike» disse, continuando a guardare lontano, «sono uscita con dei tipi veramente a posto. Ma ogni volta che la cosa si fa seria, io comincio a pensare a quest’uomo che conosco, questo poliziotto di New York che, nonostante a parole faccia sempre il brillante, non riesce a mascherare del tutto la tristezza nei suoi occhi azzurri, quella loro luce così brillante ma per qualche motivo così triste.»

Nella brezza tiepida, la fiamma della candela ebbe un guizzo ed Emily mi fissò. Era sempre stata bellissima, ma mai come in quel momento. Vedere il suo viso e il suo sorriso fu come guardare un dono cui avevo rinunciato.

«Come regalo volevo te, tutto per me, Mike, per un paio d’ore» disse, alzandosi e prendendo la bottiglia dal tavolo. «Niente figli. Niente indagini.»

La sua mano trovò la mia, mi fece alzare e mi guidò dentro, nella stanza. Appoggiò la bottiglia, chiuse la porta e tirò le tende. Un attimo dopo era tra le mie braccia. «Solo te» disse, baciandomi.

Continuammo a baciarci, in piedi. La sfiorai e sentii la pelle d’oca sulle sue braccia. Quando posai la mano sulla sua schiena nuda lei fu percorsa da un brivido.

«Ti voglio, Mike» sussurrò dopo qualche meraviglioso minuto. Mi prese di nuovo la mano, questa volta guidandomi verso la camera da letto.

«Ti ho sempre voluto» disse.

Ci baciammo sul letto per un po’, poi lei si staccò all’improvviso da me e si diresse verso il bagno.

«Tu prendi lo champagne» disse. «Torno subito.»

Andai nell’altra stanza e presi la bottiglia. Stavo per tornare in camera da letto quando mi fermai. Tutt’a un tratto capii che non potevo andare avanti. Non sapevo perché. Pascal disse che il cuore ha le sue ragioni, che la ragione non conosce.

Rimisi la bottiglia sul tavolino e, invece di aprire la porta della camera da letto, andai verso quella della suite e uscii.

Mentre scendevo in strada mi voltai a guardare verso il terrazzo della stanza di Emily. Scrollai la testa e mi avviai verso nord, cercando la macchina.

Conto alla rovescia: Un caso di Michael Bennet, negoziatore NYP
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