19
La mattina seguente mi alzai presto. Nella luce grigia che precede l’alba mi infilai un paio di ciabatte di gomma, inforcai la bicicletta e andai a un negozio di gastronomia che si trova a un paio di isolati da casa. Dopo aver comprato una ventina di panini e un chilo di bacon, mi sedetti fuori con una tazza di caffè al tavolo da picnic nel parcheggio ancora buio davanti al negozio, e rimasi a guardare la spiaggia.
Quando sorse il sole sopra l’oceano, mi ricordai dell’estate dei miei diciassette anni. Un mio amico e io facemmo un colpo di testa e ce ne andammo in autostop fino a Jersey Shore per vedere una ragazza che lui conosceva. Il mio amico ebbe fortuna e io finii a dormire sulla spiaggia. Quando mi svegliai, solo, con le urla dei gabbiani, inizialmente ero depresso, poi mi voltai verso l’acqua e rimasi lì, infreddolito e attonito, sopraffatto dall’assoluto miracolo che è il mondo.
Sorrisi ripensando a me e Mary Catherine la sera prima. Non c’era da meravigliarsi che mi tornassero alla mente ricordi dell’adolescenza, pensai, finendo gli ultimi sorsi del mio Green Mountain Coffee French alla vaniglia. Dopo la sera precedente era normale che mi sembrasse di avere di nuovo diciassette anni. Di certo mi comportavo come un diciassettenne. E non era assolutamente una brutta cosa. Anzi.
Quando tornai, trovai Seamus che mi aspettava sotto il portico. Capii subito dall’espressione terrea del suo volto che era successo qualcosa di grave. Aveva in mano il mio telefono. Frenai di colpo, mollai la bicicletta e salii le scale di corsa.
«No! Cosa c’è? È successo qualcosa a uno dei ragazzi?»
Seamus scosse il capo.
«I ragazzi stanno bene, Michael» disse con calma surreale.
Michael?
Merda, la faccenda era seria. L’ultima volta in cui mi aveva chiamato con il mio nome di battesimo era stato il giorno in cui avevo seppellito mia moglie.
Mi accorsi che la radio in casa era accesa. Un sacco di pause tra le parole esitanti dello speaker. Seamus mi porse il telefono che vibrava. C’erano quattordici messaggi da parte del mio capo.
«Bennett» dissi, mentre Seamus chiudeva gli occhi e si faceva il segno della croce.
«Oh, Mike» disse Miriam, il mio capo. «Non ci crederai. Una bomba è appena esplosa alla Grand Central. Ci sono quattro morti e decine di feriti. Tra i morti c’è anche un poliziotto, Mike.»
Guardai il cielo azzurro e rosa, poi Seamus, e infine le assi del portico coperte di sabbia. La mia seduta di meditazione mattutina era ufficialmente saltata. Il mondo ostile era lì a reclamare la mia attenzione, un altro mattone di cemento lanciato attraverso la mia finestra.
«Parto subito» dissi, scuotendo la testa. «Dammi un’ora.»