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«Io esco a prendere un po’ di gelato» annunciai, alzandomi dal tavolo presso cui si era radunata la famiglia dopo cena per una partita a Trivial Pursuit. Mary Catherine mi lanciò un’occhiata perplessa, e la sua preoccupazione parve aumentare quando, un attimo prima di uscire dalla porta sul retro, le feci un segno con il pollice alzato.
Invece di andare a prendere il gelato, saltai a bordo dell’Impala e chiamai la mia squadra per farmi dare l’indirizzo della famiglia Flaherty a Breezy Point. Un gesto folle? Sì. Ma a quel punto lo ero anch’io.
La loro casa si trovava a una decina di isolati di distanza, dalla parte del Rockaway Inlet. Andai diretto là.
Avevano davvero un pitbull legato alla catena in cortile. Quando scesi dall’auto e salii i gradini sconnessi il cane diede di matto.
Ma io ero più matto di lui, pensai con un sorriso. Dopo quella giornata e tutto quello che avevo visto, ero pronto ad azzannarlo.
Bussai alla porta.
«Spero che tu abbia un buon motivo» disse l’uomo calvo che venne ad aprire.
Era grosso. Era anche a torso nudo e in perfetta forma fisica: spalle enormi, simili a palle da bowling, una tartaruga esagerata, fisico pompato. Alle sue spalle vidi un altro uomo, altrettanto grosso e minaccioso, coperto di tatuaggi.
A quel punto avrei dovuto andarci piano. Sapevo di avere davanti un delinquente violento e pericoloso, ma ormai ne avevo fin sopra i capelli.
«Sei tu Flaherty?» dissi.
«Sì. E tu chi cazzo sei?»
«Mi chiamo Bennett. Hai un figlio?»
«Ne ho cinque. Almeno. A quale ti riferisci?»
«Grasso, con le lentiggini, sui quattordici anni. Ho già detto che è grasso?»
«Stai parlando del mio Seany? Cosa c’è?»
«Be’, oggi il tuo Seany ha spaccato il mento a mio figlio, che ha undici anni, ecco cosa c’è» dissi, fissando Flaherty negli occhi, che erano inespressivi come quelli di una bambola. «È dovuto andare all’ospedale.»
«Non può essere» disse l’uomo, impassibile. Poi fece un sorriso gelido. «Oggi siamo andati a pescare. Tutto il giorno. Ci è andata bene. Abbiamo preso qualche pesce serra. Ehi, Billy, ricordi quando Sean ha preso quel pesce istrice, oggi?»
«Ah, sì, certo» disse il delinquente dietro di lui con una risata sguaiata. «Pesce istrice. Era quello fatto a palla, vero? Divertente.»
«Visto? Credo che tu ti sia sbagliato» disse Flaherty senior. «Ehi, aspetta un momento! Io ti conosco, Bennett. Tu sei quello che ha la collezione di marmocchi di tutti i colori, giusto? E sei pure un poliziotto. Guarda, Billy, abbiamo l’OctoCop in persona.»
«Ho anche una pistola» dissi, con un sorriso. «Vuoi che te la mostri?»
E a dire il vero avevo proprio una gran voglia di mostrargliela. Anzi, avevo voglia di fargliela assaggiare.
«So come sono fatte, ma grazie comunque» ribatté Flaherty, freddo come il ghiaccio. «Se non ti dispiace, ora vorrei tornare alla partita. I Mets potrebbero vincere, tanto per cambiare. Buona serata, agente.» E mi sbatté la porta in faccia.
Avrei voluto buttarla giù a calci. Il pitbull era una furia. Io pure. Ma, anche in quello stato di isteria causata dallo stress, capii che non sarebbe stata una buona idea. Scelsi di battere in ritirata.
Mentre scendevo le scale, mi atterrò davanti ai piedi una lattina vuota di Miller High Life.
Dalla finestra del primo piano della catapecchia, il giovane Flaherty in persona mi fece un cenno con la mano.
«Oh, agente, mi scusi. Dev’essermi sfuggita di mano.»
Nonostante i latrati del cane, sentii una risata sguaiata provenire dall’interno.
Cadaveri tutto il giorno, e per finire una bella presa in giro. Che giornata! Schiacciai la lattina con il piede e scesi le scale prima di poter estrarre la pistola.