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L’ufficio Antiterrorismo del Dipartimento di polizia di New York era impressionante. Da fuori sembrava un anonimo palazzo di uffici nel mezzo di un brutto quartiere industriale. Dentro, pareva il set di 24.

C’erano cartine elettroniche, poliziotti dall’espressione determinata seduti a scrivanie di vetro, e più televisori a schermo piatto di quanti ce ne siano nel nuovo stadio degli Yankees. Mentre lo attraversavo seguendo il mio capo, mi sentivo un po’ deluso per non essere entrato attraverso una botola e poi giù per uno scivolo come James Bond o Perry l’Ornitorinco.

Cominciavo a capire come mai ci fosse tanto interesse per la bomba alla biblioteca. Il commissario non voleva che questa nuova e costosa macchina concepita per proteggere la città potesse in qualche modo fallire.

La riunione si teneva in una sala dalle pareti di vetro simile a un acquario, adiacente a quello che si chiamava Centro Operativo Intelligence. Individuai subito l’assistente del commissario e il capo dell’Antiterrorismo. Nonostante sfoggiassero un abbigliamento da golf piuttosto simile, il contrasto tra loro era quasi comico. Flaum era alto e molto magro, mentre Ciardi era piccolo e tracagnotto. Rocky e Bullwinkle, pensai. Stanlio e Ollio.

Purtroppo, vidi anche McGirth, il capo di Miriam, che con il suo faccione molliccio sembrava la brutta copia di W.M. «Boss» Tweed di Tammany Hall. Accanto a lui c’erano Cell, della squadra Artificieri, e i due federali palestrati che avevo visto alla biblioteca il giorno prima. Impilati al centro del lungo tavolo c’erano i rapporti dell’Intelligence sui più recenti attentati terroristici avvenuti in tutto il mondo. Ne presi uno mentre cercavo un posto dove sedermi.

«Perché non cominci da quello che hai scoperto, Mike?» disse Miriam l’attimo in cui il mio sedere toccò la sedia.

«Mmm, certo» dissi, lanciandole un’occhiataccia mentre mi rialzavo. «In pratica, ieri pomeriggio qualcuno ha lasciato una bomba nella sala di lettura della sede centrale della biblioteca civica di New York. Sembrava un laptop Macintosh collegato a esplosivo al plastico. Era un ordigno sofisticato, in grado di uccidere decine di persone. Un enigmatico messaggio elettronico lasciato sullo schermo del laptop affermava che l’ordigno non sarebbe dovuto esplodere, a differenza del successivo, ’lo giuro sugli occhi del povero Lawrence’, come ha lasciato scritto il responsabile, qualunque cosa significhi. Da quanto ci risulta al momento, non ci sono testimoni.»

«Oh, Cristo. Sugli occhi di chi? Di Lawrence d’Arabia?» disse il capo McGinnis, facendo la figura dello scemo come al solito.

«Chi ha trovato l’ordigno?» chiese Flaum, il capo dell’Intelligence, con la sua aria da professore.

«Uno studente dell’università di New York ha segnalato il laptop incustodito a un agente della sicurezza» disse Cell, intromettendosi. «La guardia l’ha aperto, ha visto il messaggio, ha dato ordine di evacuare l’edificio e ci ha chiamato.»

«Non ci sono controlli di sicurezza alla biblioteca?» chiese Ciardi.

«Sì, c’è un sorvegliante con contratto stagionale che controlla le borse» dissi, consultando i miei appunti. «Ma è solo per accertarsi che la gente non rubi i libri. Gli utenti possono portare dentro computer portatili. L’uomo ha detto che non vede altro che laptop bianchi.»

«Telecamere di sicurezza?» chiese il capo dell’Antiterrorismo.

«Disattivate per via di una grossa ristrutturazione in corso» risposi.

«A voi risulta qualche minaccia che potrebbe essere collegata a questo, Ted?» chiese Sander Flaum al federale più anziano.

Il più alto dei due scosse il capo. «Il volume degli scambi non è aumentato» disse. «Ma a Hezbollah piace usare il plastico.»

Hezbollah? pensai. Roba da matti.

«Sembra proprio che quando succedono queste cose, ci sei sempre di mezzo tu, eh, Bennett?» disse McGinnis, sfottendomi. «Qual è la tua opinione?»

«A essere sincero, il mio istinto mi dice che si tratta di un pazzo isolato» dissi. «Se fosse stato Hezbollah, perché non farla esplodere? Mi sembra più probabile che si tratti di un pazzo in cerca di visibilità, dotato di competenze particolarmente pericolose.»

La mia affermazione fu accolta da un mormorio. L’idea che la bomba non fosse opera di terroristi non era particolarmente gradita. Se si trattava solo di un pazzo isolato, cosa ci facevamo tutti lì?

«E l’esplosivo?» chiese il capo dell’Intelligence. «Viene dall’estero. Magari il messaggio è tutta una montatura per fuorviarci. I pazzi di solito sono così organizzati?»

«Resterebbe sorpreso» disse Miriam.

«Se non ci sono obiezioni, direi di lasciare che sia la squadra Grandi Crimini a occuparsene fino a nuovo ordine» disse il capo dell’Antiterrorismo lanciando un’occhiata impaziente ai presenti.

Stavo meditando di dar voce alla mia obiezione, spiegando che io avrei dovuto essere in vacanza, quando Miriam mi guardò.

«E cerca di non finire in tv come al tuo solito, Bennett, d’accordo? Questo è un caso delicato» disse McGirth mentre uscivo. «So quanto ti riesce difficile.»

Stavo per ribattere con una risposta secca, ma Miriam, che era dietro di me, mi trascinò fuori prima che potessi aprire bocca.

Conto alla rovescia: Un caso di Michael Bennet, negoziatore NYP
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