22

Arrabbiato, sporco, emotivamente svuotato, mi infilai con l’auto nel vialetto e rimasi un attimo lì seduto. Mi annusai le mani. Me l’ero lavate per bene all’ospedale, ma odoravano ancora di morte e di metallo bruciato. Versai un altro po’ di gel disinfettante e le sfregai fino a farmi male. Poi scesi dall’auto, salii i gradini del portico ed entrai in casa.

Il tavolo in sala da pranzo era al completo: la mia famiglia stava cenando, ma quando entrai dalla cucina, c’era un silenzio di tomba. Mi avvicinai a un’estremità del tavolo per controllare il mento di Ricky e l’occhio nero di Eddie.

Mentre io aiutavo a portar fuori i morti, un ragazzino psicopatico aveva selvaggiamente picchiato i miei figli di dieci e undici anni. Quello era il mio rifugio, e anch’esso era sotto assedio. Non esisteva più un luogo dove sentirsi al sicuro.

«Cos’è successo, ragazzi?»

«Stavamo giocando a basket al campetto vicino alla spiaggia» disse Ricky.

«E poi è arrivato Flaherty con dei suoi amici più grandi» si intromise Eddie. «Ci hanno rubato la palla e quando noi abbiamo cercato di riprendercela, loro hanno cominciato a picchiarci.»

«Okay, ragazzi. So che siete arrabbiati, ma dobbiamo uscire da questa situazione nel miglior modo possibile» dissi con un sorriso forzato. «La buona notizia è che state bene, giusto?»

«E tu, questo lo chiami stare bene?» obiettò Juliana, indicando il mento di Ricky. Poi disse a Eddie di aprire la bocca per farmi vedere il dente spezzato.

«Papà, tu sei un poliziotto. Non puoi arrestarlo, quel bullo?» mi chiese Jane.

«Non è così semplice» risposi ostentando un tono di voce calmo e un sorriso falso. «Ci vogliono testimoni, rapporti di polizia e altre cose da grandi di cui voi non dovreste preoccuparvi. Ci penserò io. E fino a quel momento voglio che voi ve ne stiate tranquilli. Che restiate intorno a casa e magari vi teniate lontani dalla spiaggia per qualche giorno.»

«Per qualche giorno?» fece Brian. «Ma questa è la nostra vacanza.»

«Già, la nostra vacanza alla spiaggia» interloquì Trent.

«Su, su, bambini. Vostro padre sa cosa è meglio per voi» disse Seamus, intuendo che stavo per perdere la calma. «Dobbiamo comportarci da cristiani. Dobbiamo porgere l’altra guancia.»

«Sì, così la prossima volta che ce le suonano non si strappano i punti» commentò Brian.

Brian aveva ragione. Ci stavano prendendo a calci in culo e io ero troppo stanco per bluffare con loro e convincerli che era tutto a posto.

Fu allora che Bridget si mise a piangere, seguita a ruota dalla sua gemella Fiona.

«Voglio andare a casa» disse Fiona.

«Non mi piace più stare qui» aggiunse Bridget. «Non voglio che facciano del male a Ricky e a Eddie, papà. Andiamo dalla zia Suzie per il resto della vacanza.» La zia Suzie viveva a Montgomery, dove lei e lo zio Jerry gestivano un ristorante favoloso, il Black Yard Bistro. L’estate precedente eravamo stati in vacanza lì vicino, a Orange Lake.

«Ragazze, guardatemi. Nessuno vi farà più del male, e possiamo ancora divertirci. Ci penserò io, ve lo prometto.»

Sorrisero. Erano sorrisi incerti, ma pur sempre sorrisi.

Non potevo deluderli, pensai. Non avevo scuse. Neppure con New York sotto attacco.

Dovevo escogitare qualcosa. Ma cosa?

Conto alla rovescia: Un caso di Michael Bennet, negoziatore NYP
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