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Erano le due del pomeriggio quando Berger scese da un taxi sulla Grand Army Plaza a Brooklyn. Elegantissimo in un completo gessato di Alexander McQueen, portava un sacchetto di carta marrone nella mano destra e nella sinistra il bastone portafortuna. La sciabola affilatissima al suo interno aveva un’impugnatura in peltro a forma di teschio sorridente che lui teneva coperta col palmo mentre camminava.
Arrivato all’altezza della Sesta Avenue, girò a destra. Un isolato più avanti lungo la strada alberata e fiancheggiata da case in arenaria, si fermò un istante davanti ai gradini di una chiesa. Si fece il segno della croce e si specchiò nel finestrino di una Prius parcheggiata. Si sbottonò la giacca per mettere in mostra la cravatta di Hermès e la camicia di Turnbull & Asser confezionata a mano. Non era quello il momento per una cristiana modestia.
Contò i numeri civici finché arrivò al 485. Salì la scala esterna e suonò il campanello con il bastone da passeggio.
L’uomo che venne ad aprire la porta, un quarantenne coi capelli rossi, indossava una maglietta della Fordham University e calzoncini neri lucidi da basket, entrambi macchiati di vernice.
«Signor Howard?» disse l’uomo, aggiustandosi i capelli color carota, mentre apriva la porta. «Cosa la porta qui?»
«Mi trovavo a passare, Kenneth» rispose Berger con un sorriso. «Mi sono ricordato che lei viveva da queste parti e ho pensato di passare a salutarla.»
L’uomo si chiamava Kenneth Cavuto. Era un analista finanziario specializzato nel settore immobiliare e aveva lavorato per la Lehman Brothers finché la banca di investimenti era fallita nel tracollo finanziario del 2008. Berger gli aveva fatto un colloquio due settimane prima, dopo averlo contattato tramite gli annunci di lavoro su Craigslist. Si erano accordati per un compenso iniziale di duecentomila dollari più i bonus, e il lunedì seguente Kenneth avrebbe dovuto cominciare a dirigere il team Capital Market della Red Lion Investments, la fittizia nuova società d’investimenti di Berger.
«Tenga, le ho portato un regalo» disse Berger, porgendogli il sacchetto di carta. «Mia madre diceva sempre: ’Quando vai a far visita a qualcuno, suona il campanello con il gomito’.»
«Grazie! Non doveva disturbarsi» disse Cavuto prendendo il sacchetto. «Che cos’è?»
«Fragole fresche e un vasetto di cagliata» rispose Berger. «È un abbinamento che va per la maggiore da Whole Foods.»
«Davvero?» fece Cavuto stringendosi nelle spalle. «Entri, la prego. Mi do una sistemata e preparo un po’ di caffè.»
«Non si disturbi» rispose Berger con un cenno della mano. «Volevo solo accertarmi che il nostro accordo fosse sempre valido. Spero che non si sia presentato nessuno a farle un’offerta più alta. Siamo d’accordo per lunedì?»
«Certo, signor Howard. Alle nove in punto» lo rassicurò il rosso con un patetico entusiasmo.
Berger sorrise quando in corridoio, dietro Cavuto, comparve una bambina bionda di tre o quattro anni.
«Ehi, e tu chi sei?» disse. «Angela, giusto?»
«Esatto. Se l’è ricordato» disse Cavuto, piacevolmente sorpreso. «Angela, vieni qui, piccola.»
Berger si abbassò su un ginocchio mentre la piccola arrivava accanto al padre. Osservò il pupazzo buffo che la bambina stringeva in mano. Era Boots, la scimmietta di Dora l’esploratrice.
«Toc toc» fece Berger.
«Chi è?» disse Angela, osservandolo con diffidenza.
«Nessuno.»
«Nessuno chi?» disse Angela, sorridendo appena.
«Nessuno che conosci» rispose Berger, rialzandosi.
La bambina rise. Lui ci sapeva fare con i bambini.
«Non vuole entrare?» disse Kenneth, di nuovo.
«No, no. Devo andare» rispose Berger. «Devo andare allo zoo del parco, dove la mia ex mi sta aspettando per dare inizio alla festa per il quarto compleanno del mio piccolo angelo, Bethany, e...»
Berger fece schioccare le dita.
«Ma dove sono finite le mie buone maniere? Perché non venite anche voi? Ci saranno pure due vicepresidenti della società. Sarebbe una buona occasione per conoscerli prima di lunedì.»
«Dice davvero?» disse Cavuto. «È un’idea fantastica. Mi dia cinque minuti per prepararmi.»
Berger lanciò un’occhiata al vistoso Rolex di oro bianco e fece una smorfia.
«Ah, sono già in ritardo, e la festa comincia con un giro guidato per i bambini. La mia ex moglie mi scanna se non sono lì a riprendere ogni millisecondo.»
Berger si infilò una mano in tasca e porse a Cavuto un suo biglietto da visita della Red Lion Investments.
«Cosa ne dice se lei e Angela saltate il giro degli animali e ci raggiungete per la torta?»
«Ma, papà! Gli animali! Le scimmie! Io voglio vedere le scimmie» disse Angela, sul punto di scoppiare in lacrime, tirando il padre per la maglia.
«Sono davvero imperdonabile. Parlo sempre a sproposito» disse Berger, imbarazzato, mentre la bambina si metteva a piangere.
Fece schioccare di nuovo le dita e aggiunse: «Mi sento terribilmente in colpa, Ken. Se vuole, Angela e io possiamo precederla, così la bambina non perderà il giro. Quando è pronto, ci chiama e noi le diciamo da quale animale siamo».
Era il momento decisivo, Berger lo sapeva. Il riguardo per il capo che si scontra con la paranoia del genitore. Berger contava sul fatto che l’analista disoccupato non fosse abituato a restare a casa con la bambina e non fosse troppo sicuro di sé e del proprio istinto. Ovviamente, se avesse detto di no, Berger sarebbe rapidamente passato al piano B. Colpire il padre con uno storditore elettrico, addormentare la bambina con il cloroformio e andarsene da lì.
«Be’...» disse Cavuto, finalmente.
Berger trattenne il fiato. Il pesce aveva abboccato all’amo. Era venuto il momento di tirarlo a sé lentamente.
«Decida lei» disse Berger, guardando l’orologio mentre scendeva un gradino. La bambina, intuendo che stava per allontanarsi, si mise a singhiozzare.
«Non è troppo disturbo?» disse Cavuto.
«Assolutamente no» rispose Berger, prendendo la bambina per la mano con un sorriso. «Bethany sarà felicissima di farsi una nuova amichetta.»
«Non ci metterò molto!» gridò Cavuto, giocherellando con il falso biglietto da visita mentre loro si allontanavano lungo il marciapiede.
E invece sì, paparino, pensò Berger facendo ciao con la mano. Molto più di quanto tu creda.
Arrivato all’angolo, si voltò a guardare. Cavuto era già rientrato in casa. Invece di puntare dritto verso il parco e lo zoo, svoltò a sinistra in cerca di un taxi.
«Ehi, Angela, hai sete? Vuoi un succo di frutta?» disse Berger, tirando fuori il succo di mela cui aveva aggiunto del valium in gocce.
«È biologico?» chiese la frugoletta dai capelli così biondi da sembrare quasi bianchi. «La mamma mi dà solo succhi biologici.»
«Oh, certo che è biologico, Angela» rispose Berger, mentre un taxi si fermava accanto al marciapiede. «Non ne esiste uno più biologico di questo.»