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Nonostante le promesse dell’affascinante signor Duques di fare tutto quanto fosse umanamente possibile, per tutta la giornata mettemmo sotto pressione l’ufficio del pubblico ministero per accelerare l’emissione del mandato. Emily arrivò a chiamare l’Unità Reati Finanziari dell’FBI di New York per chiedere consiglio su come bloccare i fondi a disposizione di Apt.
Alle sette e mezzo non avevamo ancora avuto risposte, ma se non altro adesso sembrava che fossimo sulla strada giusta. Inoltre nessuno era stato ucciso con qualche bizzarro rituale, o almeno non ci risultava. Adoro quando le indagini progrediscono.
Mi offrii di dare un passaggio in albergo a Emily, ma lei rifiutò dicendo che doveva comprare qualcosa per la figlia.
«Cerca di dormire un po’, socio» mi disse quando ci salutammo nel parcheggio. «Ne avrai bisogno.»
Sulla strada di casa, spensi la radio della polizia e inserii nel lettore un CD dei Gov’t Mule che tenevo nel cassetto del cruscotto.
Il silenzio fu rotto da un incalzante rullo di tamburi che mi fece rintronare il cervello, seguito da un assolo di chitarra elettrica che pareva straziare l’anima.
Il rock duro del Sud era proprio quello che mi ci voleva per abbassare il livello della pressione nelle mie arterie prossime a esplodere. Alzai il volume al massimo e lanciai l’Impala verso la FDR East River Drive.
Quando, un’ora più tardi, imboccai il vialetto della casa al mare, lo stress era solo un ricordo.
«Finalmente. Eccoti qua. Cominciavo a preoccuparmi» disse Mary Catherine mentre aprivo la porta.
«Cosa succede?»
«La batteria del tuo cellulare è morta o cosa? Il telefono non ha smesso un momento di squillare. La tua amica dell’FBI ha detto che è successa una cosa importante e che devi chiamarla subito.»
Controllai il cellulare. Emily aveva lasciato tre messaggi. Dovevano essermi sfuggiti per via della musica a tutto volume.
La richiamai.
«Emily?»
«Devi tornare subito in città, Mike. Karen mi ha appena richiamato. Ha nuove informazioni che dice potrebbero portarci dritti da Apt. Sta venendo da me. Devi raggiungermi al più presto possibile.»
«Arrivo subito» risposi prima di riattaccare.
«Mi sembra di capire che non ti fermi a cena» disse Mary.
Annuii e lanciai un’occhiata oltre la soglia della cucina. Vidi i ragazzi seduti intorno al tavolo della sala da pranzo. Juliana, in piedi accanto a una pentola di metallo delle dimensioni di un calderone, stava passando piatti di pasta. Fu allora che sentii il profumo di aglio e olio d’oliva.
Maledizione!
Mary aveva preparato una quantità industriale delle sue famose polpette al sugo.
Guardai il telefono.
Peccato che le mie le avrei mangiate per colazione l’indomani.