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La funzione fu breve ma molto bella, specialmente la parte in cui pregammo per Maeve. Non sono in predicato per diventare papa, ma mi piace la messa. Mi rasserena, mi ricarica. È un momento per riflettere su dove ho sbagliato la settimana prima e magari pensare a come rimediare.

Si potrebbe definire psicoterapia irlandese.

Di certo è una valida terapia per questo irlandese psicopatico che poi sarei io.

In conclusione, uscii tranquillo e rasserenato, condizione che durò giusto il tempo che l’acqua benedetta con cui mi ero segnato impiegò ad asciugarsi.

«Prendilo! Colpiscilo! Più forte! Così!!!» stava urlando un ragazzino.

C’era una gran confusione accanto alla chiesa. Attraverso la folla e le auto che si allontanavano vidi cinque o sei ragazzini che si azzuffavano nel parcheggio.

«Attento, Eddie!» gridò una voce.

Eddie? pensai. Un momento.

Quello era uno dei miei figli!

Mi precipitai in mezzo alla zuffa con Brian, il più grande dei miei figli, alle calcagna. C’era un groviglio di ragazzi che si menavano a calci e pugni sull’asfalto cotto dal sole. Cominciai ad afferrarli per i colletti per dividerli, sfruttando il mio addestramento da agente antisommossa.

Trovai mio figlio Eddie sotto la mischia, tutto rosso in volto e sul punto di scoppiare a piangere.

«Ne vuoi ancora, stronzo? Vieni a prenderle!» urlò uno dei ragazzi che aveva preso a calci mio figlio, lanciandosi verso di lui. Eddie, il nostro topo di biblioteca, aveva dieci anni. Il ragazzo alto e tarchiato con il berrettino dei Mets doveva averne almeno quattordici.

«Sta’ indietro!» urlai al ragazzino con l’orecchino con tono e sguardo da poliziotto.

Eddie, ricacciate indietro le lacrime, più arrabbiato che altro, si pulì del sangue da una narice.

«Cos’è successo?» chiesi.

«Questo scemo ha chiamato Trent con un brutto nome, papà.»

«Quale nome?»

«Sporco nero irlandese.»

Mi voltai e guardai con aria minacciosa quello smargiasso. Trent era ancora più piccolo di Eddie: un ragazzino nero e indifeso di sette anni. Mi venne voglia di far volare via il berrettino di quel ciccione con uno schiaffo. Ma poi mi venne un’altra idea.

«In questo caso» dissi, fissando il delinquente negli occhi «dagli un calcio nel sedere.»

«Con piacere» disse Eddie, cercando di divincolarsi dalla mia stretta.

«No, non tu, Eddie. Brian. Non ha altro da fare.»

Brian, un metro e ottantacinque, membro della squadra di calcio della Fordham Prep, si fece avanti con un sorriso.

All’ultimo momento lo fermai, posandogli una mano aperta sul petto. Con la violenza non si risolve nulla. Specialmente quando ci sono in giro dei testimoni. Una ventina di assidui parrocchiani della St. Edmund si era fermata per vedere come andava a finire.

«Come ti chiami?» chiesi, avvicinandomi al ragazzo e fermandomi a pochi centimetri dalla sua faccia.

«Flaherty» rispose lui, con quel suo sorriso idiota.

«In gaelico vuol dire ’stupido’» disse Juliana, dietro di me.

«Qual è il tuo problema, Flaherty?» dissi.

«Io non ho nessun problema» ribatté Flaherty. «Il problema ce l’avete voi. Magari Breezy Point non è il posto giusto per voi. Magari dovresti portare la tua famiglia arcobaleno agli Hamptons. Sai, con Puff Daddy. Gente così.»

Inspirai a fondo ed espirai lentamente. Quel ragazzo mi stava innervosendo. Nonostante fosse solo un adolescente, la mia anima da poco purificata lottava valorosamente per non cedere alla collera.

«Te lo dirò una sola volta, Flaherty. Sta’ lontano dai miei figli o ti farò fare un giro gratis sulla mia auto della polizia.»

«Uau, sei un poliziotto. Che paura» disse Flaherty. «Siamo a Breezy Point, vecchio. Qui conosco più poliziotti di te.»

Gli andai più vicino, a distanza di testata.

«Qualcuno di loro lavora a Spofford?» gli dissi all’orecchio.

Spofford era il tristemente noto carcere minorile di New York. Da come deglutì, capii che ero finalmente riuscito a scalfire la sua tracotanza.

«Non ha importanza» disse Flaherty, allontanandosi.

Perché proprio a me? pensai, voltando le spalle alla folla stupita di fedeli. Queste cose non succedono nei documentari sulla famiglia. E cosa diavolo voleva dire con quel «vecchio»?

«Eddie?» dissi, mentre guidavo la mia banda sulla strada calda e sabbiosa che portava alla terra promessa della nostra casetta.

«Sì, papà?»

«Sta’ alla larga da quel ragazzo.»

«Brian?» dissi, qualche secondo dopo.

«Sì, papà?»

«Tieni d’occhio quel ragazzo.»

Conto alla rovescia: Un caso di Michael Bennet, negoziatore NYP
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