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Con la testa dolorante e la vista annebbiata, Apt si tirò su in ginocchio.
Si passò una mano sugli occhi. Davanti a lui, sul gradino più alto del porticato c’era un ragazzino. Aveva una mazza da baseball in alluminio poggiata su una spalla. Era ispanico, sui dieci anni, e indossava un pigiama degli Yankees.
«Chi sei?» disse il bambino brandendo la mazza. «Ti ho visto arrivare dalla finestra. Sei un Flaherty, vero? Perché diavolo non ci lasciate in pace?»
Apt alzò le mani mentre il bambino faceva una finta con la mazza. Non riusciva a crederci. Aveva fatto tutta quella strada per farsi mettere fuori combattimento da un teppistello di dieci anni? Con una mazza da baseball? Ma che razza di padre era questo Bennett?
«Aspetta. Non sono un Flaherty» disse Apt.
«Balle. Sembri fuori di testa. E quella cos’è? Una cresta da indiano?»
Apt si alzò, sorridendo e tenendosi la testa. «Dev’esserci un malinteso. Sei figlio di Mike? Io lavoro con tuo padre. Sono un poliziotto anch’io.»
Il bambino si bloccò e sul suo volto comparve un’espressione confusa.
Apt fece schioccare le dita.
«Scusa. Continuo a dimenticarmi che ho quest’aria da pazzo. Sai, lavoro sotto copertura.»
Apt vide l’espressione del ragazzino ammorbidirsi ed esprimere tutto il suo rincrescimento. «Oh, mi dispiace, signore. Non volevo farle del male. Credevo che fosse qualcun altro. Perché non è passato dalla porta sul davanti?»
«È stato proprio un bel colpo» disse Apt andando verso di lui. «Non dirmi che a baseball sei il battitore?»
«Sssì-sì. Le sanguina la testa. Mi dispiace davvero. Vado a chiamare papà.»
«Potresti aspettare un attimo?» disse Apt e all’improvviso lo colpì. Il ragazzino cadde all’indietro e rimbalzò contro la ringhiera del portico prima di cadere a faccia in giù, privo di sensi.
Apt lanciò un’occhiata al ragazzino, poi alla casa, riflettendo sul da farsi.
Se lo caricò in spalla e scese dal portico, andando verso il vialetto e la strada.