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Come i lussuosi condomini e i ristoranti francesi a cinque stelle situati nell’Upper East Side, anche il Benchley East Side Parking era scandalosamente esclusivo. Stipate una accanto all’altra, paraurti contro paraurti, nei quattro piani a temperatura controllata sotto la Settantasettesima Est, c’erano parecchie Porsche d’epoca, alcune Ferrari e persino una coppia di Lamborghini, una per lui e una per lei.
La spettacolare Mercedes SL550 decappottabile color blu notte che uscì dall’ascensore con uno stridore di gomme a mezzogiorno e tre minuti di quel sabato sembrava creata apposta per quel quartiere esclusivo.
Lo stesso poteva dirsi dell’uomo magro sulla quarantina che aspettava accanto all’ufficio del garage. L’elegante Mercedes inchiodò davanti a lui.
Con i capelli sale e pepe tagliati corti alla Beckham, pantaloni sportivi color kaki stirati alla perfezione, polo di seta blu scuro e l’abbronzatura dorata e profonda che faceva pensare a tasche ancor più profonde, era difficile capire se le lettere della targa personalizzata della Mercedes – SXY BST – si riferissero all’auto o al suo guidatore.
«Con questo caldo, ho pensato che gradisse la capote abbassata come al solito, signor Berger» disse l’inserviente del garage, un giovane sorridente mezzo asiatico e mezzo ispanico, saltando giù dall’auto e tenendo aperta la portiera rifinita internamente in radica. «Le auguro una buona giornata.»
«Grazie, Tommy» rispose Berger, allungandogli con gesto rapido una banconota da cinque dollari mentre scivolava dietro il caratteristico volante a tre razze dell’auto sportiva. «Farò del mio meglio.»
Il sedile di pelle finissima accolse perfettamente la sua schiena quando la decappottabile scattò con un ruggito giù per la Settantasettesima Est e poi su per la Quinta Avenue. Il profumo dolce e intenso delle querce rosse e degli arbusti di sanguinella di Central Park si fondeva armoniosamente con l’odore della pelle cucita a mano. All’altezza della Cinquantanovesima le cime degli alberi del parco lasciarono il posto alla facciata fiabesca del Plaza hotel. Qualche attimo dopo, su entrambi i lati della strada elegante cominciarono a sfrecciargli accanto le insegne scintillanti di Tiffany, Chanel, Zegna, Pucci, Fendi, Louis Vuitton, come se avessero preso vita le pagine di un numero di Vogue. Fuori dai negozi, orde di turisti della domenica scattavano foto e guardavano le vetrine a bocca aperta, ancora increduli all’idea di trovarsi nel cuore della capitale del mondo.
Ma per Berger sarebbe anche potuta essere una sterrata in mezzo a un campo di mais, in un angolo sperduto della Terra. Dietro le lenti a specchio dei Persol Aviator, i suoi occhi puntavano avanti, fissi e determinati, la mente sgombra da ogni pensiero.
Era quello il suo unico vero talento. Nella sua vita, ogni vittoria era riconducibile alla sua determinazione, alla sua capacità di concentrarsi, di escludere qualunque cosa esulasse dal compito del momento.
Nonostante questo, sentì il battito del cuore accelerare quando finalmente arrivò a destinazione, la sede centrale della New York Public Library, sul lato ovest della Quinta Avenue, tra la Quarantunesima e la Quarantaduesima. Rallentando, avvertì una scarica di adrenalina e il cuore prese a battere così forte da fargli male, a tempo con il ticchettio dell’indicatore di direzione dell’auto.
Anche Laurence Olivier soffriva di attacchi di panico, rammentò a se stesso mentre svoltava sulla Quarantatreesima Est. Come pure Jack Dempsey ed Elvis Presley. Tutti gli uomini avevano paura. Ciò che contraddistingueva i grandi come lui era la capacità di dominarla, di agire nonostante il suo alito caldo sul collo.
Quando parcheggiò la Mercedes davanti a un camioncino di gelati Carvel, mezzo isolato più avanti, verso est, si sentì meglio. Per calmarsi del tutto rimase a osservare pazientemente la capote che si richiudeva con un ronzio, precisa, simmetrica, una fantastica armonia di parti meccaniche in movimento. Quando il tettuccio si bloccò, la paura era ancora là, ma lui sapeva di poterla gestire.
Avanti, signor Berger. Ora o mai più, pensò.
Prese la pesante custodia del laptop posata per terra davanti al sedile del passeggero e aprì la portiera.
Ora.