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Era passata quasi un’ora quando Emily e io arrivammo al Diciannovesimo Distretto per interrogare Berger.

Quando avevamo lasciato il suo palazzo, tutto l’isolato era ancora in subbuglio, con poliziotti e artificieri che correvano da una parte all’altra. La cosa peggiore, però, era che non c’era alcuna traccia di Carl Apt. Sembrava che si fosse volatilizzato.

Emily e io facemmo un rapido summit preparatorio nel piccolo corridoio davanti a una delle sale interrogatorio al piano terra. Attraverso lo specchio unidirezionale, osservammo incuriositi Lawrence Berger sdraiato, bello tranquillo, su un’enorme barella con le rotelle. Era ancora a torso nudo, ma qualcuno era riuscito a infilargli un paio di pantaloni di tyvek.

Mentre lo osservavo, trattenevo a stento la collera. Berger sembrava gloriarsi dei crimini commessi e della propria ripugnanza. Era affetto da evidenti problemi psichici, ma io avevo difficoltà a ricordarmelo. Ero disgustato da tutte quelle stranezze e da quel caso ma, più che altro, per il fatto che fosse ancora aperto.

Alla fine decidemmo che sarei entrato prima io per scaldarlo.

«Ricordati, Mike, che quest’uomo è un predatore» mi disse Emily. «A lui piace manipolare le persone, dominarle, controllarle. Non cedere alle sue provocazioni.»

«Be’, se dovesse succedere» risposi, «dammi uno o due minuti prima di intervenire e staccarmi da lui.»

«Salve, Lawrence» dissi, entrando con un sorriso nonostante dentro di me fossi furioso. «Posso chiamarla Lawrence?»

«Certamente, detective» rispose Berger, guardandosi attorno nella stanzetta squallida. «Anni fa ho fatto l’agente ausiliario in questa stazione. Da non credere. Finito il turno, me ne andavo nei bar frequentati dai poliziotti per assistere alle partite degli Yankees e guardare le ragazze che uscivano coi poliziotti. Mi davano della palla di lardo, alle spalle, ma a me non importava. Ero come una mascotte, sempre pronto a pagare da bere.»

«Davvero interessante, Lawrence» dissi. «Ma a dire il vero io volevo chiederle di Carl. Lo abbiamo cercato di sopra, nel suo appartamento, come lei ci aveva detto, ma non c’era. Dove potrebbe essere andato, secondo lei? Nella sua seconda casa in Connecticut?»

«È possibile» disse Berger, stringendo gli occhi. «Ma ne dubito. Faticherete molto a trovarlo. È cresciuto nella povertà più assoluta in Appalachia, e quando l’ho conosciuto viveva per strada vicino a Union Square Park. Lui lo chiamava ’campeggio urbano’. Carl è un ex militare, gli piacciono le situazioni estreme. Ha detto di aver prestato servizio nella Delta Force, ma poi lo hanno cacciato. Credo che in realtà a lui piaccia il dolore fisico. È un individuo davvero singolare.»

«In che senso?» chiesi.

«Be’, tanto per cominciare non aveva alcuna istruzione, ma è dotato di un’intelligenza acuta. Dopo averlo tolto dalla strada, ho cominciato a fargli conoscere le cose. L’arte. La letteratura. L’ho persino mandato al City College. Assorbiva qualunque cosa all’istante. Era come una spugna.»

«Uau» feci.

«Già. ’Uau’ è la parola giusta. Stavamo alzati fino a tardi, talvolta tutta la notte, a parlare di qualunque cosa. Di quello che ci piaceva. Di quello che detestavamo. Quando gli ho confidato alcuni miei interessi più nascosti, tipo l’ossessione per i crimini più sanguinosi del secolo, Carl si è mostrato aperto, senza mai dare giudizi.»

«Eravate buoni amici» dissi. Avrei dato qualunque cosa per un’aspirina.

«Sì, eravamo amici» rispose Berger. «È così difficile credere che anche una persona disgustosa come me possa avere un amico? Carl me l’ha dimostrato quando ho scoperto che sarei morto presto. Non ve l’ho detto? Ho una malattia cardiaca congenita. Unita a un eccessivo amore per gli snack. Rida, Mike. Era una battuta.»

Sorrisi pensando: Tu sei uno scherzo, uno scherzo della natura.

«E comunque, qualche giorno dopo che mi avevano comunicato la cattiva notizia in merito al mio cuore, Carl disse che aveva una sorpresa per me. Il dono più bello che si possa fare. Mi spiegò il suo piano per eliminare i miei nemici e allo stesso tempo farmi divertire. Ero incuriosito. Non sapevo se stesse scherzando. Quando si è grossi come me, bloccati a letto tutto il giorno, ci si annoia. Ma quando lessi sul giornale un articolo sulla bomba alla biblioteca, capii che faceva sul serio! Carl ha fatto tutto quello che mi aveva detto, e anche di più.»

Lanciai un’occhiata verso lo specchio dietro il quale Emily stava osservando la scena. Ciò che Berger aveva detto aveva un senso. Di sicuro spiegava come mai avevamo avuto problemi a collegare tutti quei crimini. L’autore non aveva un solo movente, ma uno strano insieme di moventi ancor più strani.

«E non ha pensato di dircelo?»

Berger fece spallucce. Distolse lo sguardo e cominciò a studiarsi le unghie.

«Dev’essermi sfuggito di mente» mormorò.

«Ed è pronto ad ammettere ogni cosa?» dissi, osservandolo. «Ammette spontaneamente il suo coinvolgimento?»

«Sì, e ne sono orgoglioso» disse Berger. «Scriva tutto, Mike, e mi porti una penna. Sarò più che felice di mettere una firma in fondo.»

È strano, ma quando mi girai per andarmene, non ero più arrabbiato. Mi rifiutavo di permettere che la malvagità di Berger e i suoi ridicoli, patetici sentimenti perversi mi sfiorassero. All’improvviso riuscii a vederlo per ciò che era davvero, un ammasso di immondizia umana. Io ero solo uno spazzino che cercava di arrivare in fondo al turno.

«Torno fra cinque minuti, Lawrence» dissi, con un sorriso finalmente sincero.

Ero felice. Felice perché tra poco sarei uscito da lì e sarei tornato dalla mia famiglia. E, il tempo di fare una doccia, mi sarei dimenticato di quel fenomeno da baraccone.

«Grazie per la disponibilità. Tornerò con quella dichiarazione e una penna.»

Conto alla rovescia: Un caso di Michael Bennet, negoziatore NYP
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