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La luce della sera stava cominciando a cambiare quando Berger si immise con la Mercedes decappottabile nella coda per l’autolavaggio sulla Centonovesima Est. Alzò gli occhi verso l’azzurro morente del cielo, sopra il cantiere sull’altro lato della strada. Cosa non avrebbe dato per essere nella sua vasca in quel momento, a godersi gli effetti di una vitamina P mentre il sole tramontava sul Dakota.
Si voltò quando un vecchio bianco con la barba incolta e il culo grosso gli bussò al finestrino. Inizialmente pensò si trattasse di un senzatetto, poi capì che era uno dei dipendenti dell’autolavaggio.
«Cosa?» chiese il tizio con un accento russo mentre il finestrino si abbassava con un ronzio.
«Trattamento completo» rispose Berger, porgendogli una banconota frusciante da venti dollari.
«Anche l’interno con l’aspirapolvere?» chiese Gorbačëv.
«Non oggi» rispose Berger con un ghigno prima di richiudere il finestrino.
Quando il macchinario agganciò la parte inferiore dell’auto e cominciò a trainarla attraverso le spazzole ruotanti e il getto d’acqua, Berger si lasciò sfuggire un sospiro. Che schifo di giornata.
La bambina non doveva morire. Il piano era di tormentare i genitori per due giorni con una finta richiesta di riscatto e poi ucciderla. E invece era andato tutto in merda.
Era stato il valium. La bambina aveva avuto una specie di reazione allergica mentre lui la stava portando dal taxi alla Mercedes che aveva lasciato parcheggiata a Brooklyn Heights. Quando erano arrivati a Manhattan, lei era già morta. Aveva toppato, aveva commesso il suo primo errore. Si sarebbe preso a calci da solo.
Pazienza, pensò, mentre il profumo di limone del detergente invadeva l’interno dell’auto. Doveva smetterla di rimproverarsi. Non esistevano missioni in cui andava tutto alla perfezione. Lisciò il cavo della telecamera a fibra ottica cucito nella fodera della giacca. Se non altro era riuscito a filmare qualcosa.
E comunque non aveva tempo per rimuginare sui suoi insuccessi. C’erano così tante cose da fare e così poco tempo per farle. Doveva passare a quella successiva. Doveva proseguire nelle sue due direzioni preferite, avanti e verso l’alto, e sperare che alla fine tutto si aggiustasse.
Quando l’autolavaggio lo risputò fuori, abbassò il finestrino e gettò qualcosa nel bidone della spazzatura vicino alla recinzione.
Il contenitore del succo di frutta ruotò su se stesso mentre compiva la sua lenta traiettoria verso il centro del bidone. Poi fu la volta di Boots la scimmietta.
«Canestro, e la folla impazzisce» disse Berger, mentre si immetteva sulla strada sgommando.