36

La mattina seguente mi svegliai prestissimo per andare al lavoro.

E non solo per evitare il traffico. Dopo la deprecabile sessione di perlustrazione tonsillare con MC sul portico la notte prima, sembrava la cosa giusta da fare. Oltre ad aver probabilmente infranto una decina di leggi contro le molestie sessuali sul luogo di lavoro, non sapevo da dove cominciare per mettere ordine nei miei sentimenti contrastanti. Non avevo proprio idea di cosa dire a Mary alla luce del giorno. E non volevo dover affrontare un altro terzo grado da parte di Seamus.

Il vino rosso mi fa sempre finire nei guai. No, un momento, è la mia lingua lunga a farmici finire.

Mentre mi davo alla fuga in punta di piedi e con le scarpe in mano, notai una strana luce azzurrina provenire dalla stanza delle ragazze. Sapevo che avrei dovuto proseguire per la mia strada e lasciare quelle monelle alle loro losche attività, ma il poliziotto che è in me non seppe resistere alla possibilità di fare un’irruzione.

In punta di piedi tornai alla loro stanza. La luce proveniva da sotto una coperta sospettosamente rigonfia sul letto all’angolo. Sentii anche un bisbiglio eccitato.

«Cosa c’è qui?» dissi, tirando via la coperta di scatto come un prestigiatore.

Ciò che vidi non era un coniglio, anche se comunque molto carino.

«Ahhh!» urlarono Chrissy e Shawna all’unisono, sdraiate a pancia in giù davanti a un laptop.

«Un computer?!» esclamai, portandomi una mano alla testa in un gesto di finta indignazione. «Avete portato di nascosto un computer in vacanza? Non ditemi che state guardando Phineas e Ferb. Niente giochini elettronici, ricordate? Niente videogiochi. Ve lo siete dimenticate?»

«È stato Ricky» disse Shawna, puntando un dito verso la camera dei ragazzi.

«È vero. È stato Ricky. Noi lo abbiamo solo preso in prestito» disse Chrissy.

«Cosa sta succedendo?» sussurrò Mary Catherine con uno sbadiglio, comparendo all’improvviso sulla soglia.

Oh-oh. Avrei fatto meglio ad andarmene finché ero in tempo. Le ragazze non erano le uniche a essere state sorprese.

«Ci dispiace, Mary» disse Chrissy.

«Sì, ci dispiace tanto» si affrettò ad aggiungere Shawna. «Ci dispiace che Ricky abbia portato un computer quando non doveva.»

«Ne parleremo dopo» disse Mary, confiscando il computer e rimboccando le coperte alle ragazze.

«Ti sei alzato presto» disse, lanciando un’occhiata insospettita alle scarpe che tenevo in mano. «Vieni in cucina, ti faccio un caffè prima che tu vada.»

«Mi piacerebbe tanto, ma non ho tempo. Una riunione all’alba.»

«Sono le cinque e mezzo» ribatté Mary Catherine, guardandomi con aria critica.

«Il dovere mi chiama» dissi, con un sorriso che speravo fosse convincente e un saluto con la mano, mentre mi dirigevo verso la porta d’ingresso.

Uscii sul portico e mi fermai di botto. Anche nella semioscurità che precede l’alba, si vedeva benissimo. Qualcuno aveva imbrattato con la vernice spray la parete della casa dietro il dondolo.

TORNATEVENE A CASA STUPIDI BESTARDI!

Rimasi lì con la testa, ancora dolorante per il troppo vino, tra le mani. Quei figli di puttana erano saliti sul mio portico nel cuore della notte? La mia incursione in campo nemico non aveva sortito l’effetto sperato. La situazione stava degenerando.

«Pare che Flaherty vada a lezione di ortografia da Quentin Tarantino» disse Seamus, in accappatoio, sulla soglia.

Scrollai la testa. Volente o nolente, dovevo proprio andare al lavoro. Non potevo restare per occuparmi di quell’ultimo affronto. Lanciai un’occhiata a Seamus.

«Seamus, io sono bloccato al lavoro. Pensi di potertene occupare tu, prima che i ragazzi lo vedano?»

Lui mi lanciò un’occhiataccia.

«Oh, non ti preoccupare, Michael Sean Aloysius. Farò in modo che i ragazzi non sappiano nulla di tutte le stupidaggini che sono successe qui» rispose lui.

Trasalii nel sentire l’enfasi con cui pronunciava la parola «stupidaggini». Quella mattina mi stavano tutti scaricando addosso una montagna di sensi di colpa.

«E ti dirò un’altra cosa. Anche a costo di finire in galera, il primo Flaherty che vedo lo spedisco all’Inferno a fucilate!» gridò, mentre scendevo i gradini del portico. «In confronto a questo vecchio, il Clint Eastwood di Gran Torino sembrerà Babbo Natale.»

«Lo sembra già» mormorai, correndo a mettermi in salvo sull’auto della polizia.

Conto alla rovescia: Un caso di Michael Bennet, negoziatore NYP
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