18

Erano le sette e un quarto del mattino e faceva già molto caldo quando Berger, alla guida del grosso furgone a noleggio della Budget, scalò marcia con un rombo e accostò al marciapiede su Lexington Avenue, vicino alla Quarantaduesima. Nonostante fosse ancora presto, centinaia di persone in abiti da ufficio si riversavano fuori dalla Grand Central come topi in fuga da una nave in fiamme.

Berger tirò il freno a mano e scese lasciando il motore acceso. Indossava un berrettino degli Yankees con la visiera all’indietro, jeans tagliati al ginocchio, scarponcini da lavoro e un paio di occhiali da sole economici con le lenti giallo-verdi, comprati da CVS. Una canottiera e una catena d’oro con appesa una testa del Cristo completavano il look da camionista.

Con movimenti ostentati abbassò la rampa e sollevò la serranda di acciaio, quindi tirò fuori il carrello a mano su cui erano già caricati tre pacchi di copie del New York Times legati con fascette di plastica. Portò il carrello sulla rampa idraulica del camion e cominciò ad abbassarla con un ronzio.

Facendosi largo tra i pendolari che affollavano il marciapiede, portò rapidamente il carrello dentro l’immensa stazione. Dentro il grande spazio che ricordava una cattedrale, centinaia di persone correvano in ogni direzione come ragazzini in un gioco delle sedie, per arrivare al lavoro prima del suono della campanella di Wall Street.

Un poliziotto dell’Antiterrorismo basso e grasso con un M16 a tracolla si lasciò sfuggire uno sbadiglio mentre Berger gli passava davanti e scaricava i pacchi accanto a un’edicola affollata che si chiamava Latest Edition ed era adiacente alla sala d’attesa principale. L’asiatico piccoletto dalla pelle color mogano dietro il banco uscì dal negozio con un’espressione perplessa mentre Berger girava il carrello con un cigolio.

«Ancora Times?» disse l’uomo. «Dev’esserci un errore. Ho già ricevuto la consegna.»

«Cosa?» fece Berger, alzando le braccia. «Stai scherzando, amico. Avrei già dovuto finire il giro, ma la centrale mi ha appena chiamato dicendomi di recapitare queste. Adesso li richiamo, ’sti stronzi. Ho lasciato il cellulare sul camion. Torno subito.»

L’asiatico scosse la testa davanti alla pila di giornali che gli arrivava a metà torace, mentre Berger si allontanava in fretta con il carrello.

Passando davanti al poliziotto, Berger prese dalla tasca dei tappi antirumore ad alta protezione e se li infilò nelle orecchie. Poi svoltò nel corridoio che portava all’uscita di Lexington Avenue, tirò fuori il cellulare e compose il numero del telefonino che avrebbe attivato il detonatore della grossa bomba nascosta tra i giornali che aveva appena consegnato.

Trasalì quando i venticinque chili di plastico esplosero con un fragore assordante. A tre metri dall’uscita, un pezzo di marmo color crema grande quanto una pizza gli sfrecciò accanto come un disco da shuffleboard, seguito da una valigetta. Berger uscì in strada accompagnato da una nuvola di polvere e di fumo rovente.

Fuori, sulla Lexington, le auto si erano fermate. Sul marciapiede le persone erano rivolte verso l’ingresso della stazione, immobili come le figure del plastico di un trenino elettrico. Berger spinse il carrello giù dal marciapiede e si allontanò dal camion che aveva lasciato parcheggiato. Attraversò la strada e svoltò all’angolo con la Quarantatreesima, camminando a passo svelto con la testa china e l’iPhone stretto nella mano.

Giunto a metà dell’isolato, inspirò a fondo e compose il numero dell’altro cellulare, quello collegato all’ordigno incendiario nella cabina del camion.

Qualcuno urlò. Quando si voltò indietro a guardare, vide una colonna di fumo denso e nero levarsi tra i grattacieli.

Aveva seriamente preso in considerazione l’ipotesi di riempire il retro del camion con nitrato d’ammonio e gasolio, come aveva fatto l’attentatore di Oklahoma City, ma alla fine aveva deciso di limitarsi a provocare un incendio a bordo come diversivo.

Gettò via berretto, occhiali e catena d’oro, scuotendo la testa, incerto per un attimo.

Ogni cosa a tempo debito, pensò.

Arrivato sulla Terza Avenue, prima di puntare a nord si voltò di nuovo a guardare la nube nera come l’inchiostro che si levava a spirale nel cielo estivo. Cominciavano a sentirsi le prime sirene in lontananza.

Questa volta Berger sapeva di non aver oltrepassato il limite.

Lo aveva solo cancellato.

Conto alla rovescia: Un caso di Michael Bennet, negoziatore NYP
titlepage.xhtml
part0000.html
part0001.html
part0002.html
part0003.html
part0004.html
part0005.html
part0006.html
part0007.html
part0008.html
part0009.html
part0010.html
part0011.html
part0012.html
part0013.html
part0014.html
part0015.html
part0016.html
part0017.html
part0018.html
part0019.html
part0020.html
part0021.html
part0022.html
part0023.html
part0024.html
part0025.html
part0026.html
part0027.html
part0028.html
part0029.html
part0030.html
part0031.html
part0032.html
part0033.html
part0034.html
part0035.html
part0036.html
part0037.html
part0038.html
part0039.html
part0040.html
part0041.html
part0042.html
part0043.html
part0044.html
part0045.html
part0046.html
part0047.html
part0048.html
part0049.html
part0050.html
part0051.html
part0052.html
part0053.html
part0054.html
part0055.html
part0056.html
part0057.html
part0058.html
part0059.html
part0060.html
part0061.html
part0062.html
part0063.html
part0064.html
part0065.html
part0066.html
part0067.html
part0068.html
part0069.html
part0070.html
part0071.html
part0072.html
part0073.html
part0074.html
part0075.html
part0076.html
part0077.html
part0078.html
part0079.html
part0080.html
part0081.html
part0082.html
part0083.html
part0084.html
part0085.html
part0086.html
part0087.html
part0088.html
part0089.html
part0090.html
part0091.html
part0092.html
part0093.html
part0094.html
part0095.html
part0096.html
part0097.html
part0098.html
part0099.html
part0100.html
part0101.html
part0102.html
part0103.html
part0104.html
part0105.html
part0106.html
part0107.html
part0108.html
part0109.html
part0110.html
part0111.html
part0112.html
part0113.html
part0114.html
part0115.html
part0116.html
part0117.html
part0118.html