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C’era una gran folla in attesa davanti allo Sugar Bowl quando vi passai verso le undici. Quella sera c’era una band che suonava dal vivo. Era l’ultimo concerto dell’estate, ricordavo di aver letto su un volantino, una band emergente che veniva dall’Irlanda e si chiamava Gilroy Stompers, pubblicizzata come gli U2 del futuro.
Pensai che a Mary Catherine sarebbe piaciuto scatenarsi un po’.
Parcheggiai ed entrai nel quartier generale dei Bennett. Il piccolo cottage era immerso nel silenzio. Trovai Seamus addormentato davanti alla tv. Invece di svegliarlo, gli gettai addosso uno dei plaid rosa delle ragazze, poi presi il cellulare e gli scattai una foto. Fu più forte di me.
Sbirciai dentro la camera delle ragazze e sorrisi. I letti occupavano quasi tutto lo spazio disponibile. Rimasi lì un attimo, a guardarle mentre dormivano. Vederle così, quando riposavano serene, mi scaldò il cuore in un modo che solo un genitore può comprendere. Io potevo anche aver passato una giornata da schifo, ma loro avevano probabilmente archiviato un paio di bei ricordi ed erano cresciute di un altro giorno.
Chissà, forse erano addirittura diventate un po’ più forti, un po’ più capaci di affrontare questo mondo caotico che un giorno avrebbero ereditato. Lo speravo. Avevo la sensazione che, da come stavano andando le cose, avrebbero avuto bisogno di tutto l’aiuto possibile.
I ragazzi erano impegnativi, e spesso dei veri rompiballe, ma qualche rara volta ti facevano capire che ce la stavi mettendo tutta. Che stavi davvero facendo del tuo meglio.
Rasserenato da quelle riflessioni, mi diressi in cucina in cerca di una birra. Stavo aprendo una lattina di Miller High Life quando Mary Catherine entrò dal portico sul retro con una coperta e un libro.
Sul mio volto si dipinse un sorriso che divenne sempre più grande mentre la guardavo. La schiuma della birra uscì dalla lattina e mi colò sulla mano mentre io continuavo a sorridere. Non credo di poter descrivere con precisione quanto la sua vista mi rendesse felice.
Era abbronzata, raggiante, favolosa.
«Sei... una favola» dissi.
«Sì, lo so, Mike» rispose. «Sei sorpreso?»
«No. Fortunato, semmai.»
«Per cosa?»
Per la seconda volta in quella serata rimasi senza parole. Stavo veramente perdendo colpi.
«Ehi, cosa ne dici di un concerto rock allo Sugar Bowl?»
Mary mi sorrise.
Anch’io le sorrisi.
«Tu sveglia Seamus» disse. «Io mi infilo le infradito.»